
Sinossi ufficiale
La cerimonia del tè è uno dei riti tradizionali più affascinanti del Giappone. I monaci buddisti del sedicesimo secolo hanno codificato ogni passaggio di questo rituale che, attraverso i gesti più semplici, chiama i partecipanti a concentrarsi sulla profonda ricerca di se stessi. Con quella sua ritualità che immutata attraversa i secoli, la cerimonia del tè sembra qualcosa di molto lontano dalla vita di tutti i giorni. Lo sembrava anche a Morishita Noriko quando, studentessa svogliata e indecisa sulla strada da intraprendere, su consiglio della madre prese a frequentare un corso sulla cerimonia del tè. Non sa che quelle prime lezioni sono l’inizio di un viaggio che durerà tutta la vita. I momenti dedicati alla cerimonia del tè, ai suoi riti, alla meditazione che impone e, contemporaneamente, dischiude diventano momenti per trovare un senso alle prove che la vita mette davanti a Noriko: un matrimonio annullato poche settimane prima della cerimonia, il tentativo di conciliare il lavoro con il privato, un trasferimento oltreoceano… il caos della vita si riconcilia nel tempo concentrato di una tazza di tè.
Recensione
“Al mondo esistono due tipi di cose: quelle che capisci subito e le altre. Alle cose che capisci subito, basta che ci passi davanti una volta. Ma le cose che non ti sono subito chiare inizi a comprenderle dopo, piano piano, frequentandole, e diventano man mano una cosa diversa, come La strada di Fellini. E, ogni volta ti rendi conto che quello che vedevi non era che un piccolo frammento del tutto.Il tè è cosí.”
Il libro mi ha lasciato sensazioni discordanti: in alcune parti l’ho trovato noioso, in altre emozionante.
La cerimonia del tè viene descritta in ogni suo passaggio in modo molto minuzioso ed è difficile da seguire, perché vengono usati tutti termini specifici in giapponese di cui si deve andare a cercare il significato per comprendere appieno le varie fasi. Mi ha un po’ infastidito anche il fatto che quando la protagonista e la cugina chiedevano il perché di certi gesti, non ricevevano una spiegazione: questo mi ha dato la sensazione di un rito ripetuto in modo sempre uguale da millenni il cui senso in parte è andato perduto, perché se non si riesce a comprendere il motivo di un gesto questo finisce per diventare vuoto, è privo di significato e valore.
Più interessanti sono le massime che la maestra della cerimonia del tè impartisce alle sue allieve
“Il tè, sapete, in primo luogo è forma. Prima si realizza la forma e solo dopo in quel contenitore si mette la sostanza.”
Questo è un insegnamento che si può applicare anche alla vita di tutti i giorni: credo che si possa interpretare nel senso che prima di intraprendere qualunque azione si deve partire dalle basi, dalla struttura, dalle fondamenta, appunto dalla forma poi si riempie questo “contenitore” con la sostanza, con dei contenuti.
La protagonista dimostra di aver sottovalutato il rituale della cerimonia del te, perché mentre vede la maestra compiere i vari gesti le sembra tutto molto facile, quando tocca a lei non sa cosa fare, quali oggetti prendere, come muoversi e quindi comprende che per imparare qualcosa bisogna azzerarsi, avere molta umiltà, fare tabula rasa di tutto ciò che si sa per far posto alla nuova conoscenza
“Perché, sapete, guardando un otemae si sentono varie cose; si nota, ad esempio, la bellezza di un determinato momento. Sentire vedendo è un insegnamento molto importante, – disse la maestra.”
Prestare attenzione ai vari gesti della cerimonia del tè ci insegna anche ad apprezzare i più minimi dettagli, ogni singolo istante, ci si sofferma sulle piccole cose e le si assapora fino in fondo, cosa che non capita molto spesso, perché siamo trascinati dalla fretta di raggiungere un obiettivo e non ci soffermiamoci sul percorso, sul viaggio, ce lo perdiamo, non ce lo godiamo.
È stato anche interessante scoprire come i sensi della protagonista si siano risvegliati man mano che continuavano le sue lezioni, perché ha imparato a percepire i suoni, odori e colori in modo più consapevole, inoltre alcune sensazioni del presente le richiamano alla mente altre analoghe già provate in passato.
“Rimpiangiamo in continuazione il passato e ci preoccupiamo del futuro che ancora deve arrivare. Eppure, ci si può preoccupare quanto si vuole, ma comunque non si potrà mai tornare ai giorni passati, né anticipare il futuro per farci trovare pronti.
Fintanto che si pensa al passato e al futuro, non si potrà mai vivere tranquilli. C’è un solo modo: godere del presente. Solo quando riesce a concentrarsi su questo istante, senza passato e senza futuro, l’essere umano si accorge di vivere una libertà senza limiti.”
Questo passaggio mi è rimasto particolarmente impresso, perché è un concetto che mi ripeto spesso ma che trovo comunque difficile da applicare nella vita di tutti giorni, perché per natura sono una persona portata ad organizzare e progettare ogni momento della mia giornata e a preoccuparmi in modo particolare per il futuro, quando invece dovrei concentrarmi di più sul presente.
I definitiva è stata una lettura molto profonda, che racconta della maturazione di un personaggio attraverso un’esperienza in apparenza semplice come la cerimonia del tè: dopo anni di lezioni si riesce a percepire meglio ciò che ci circonda, si acuiscono i sensi, ci si risveglia in tutta la propria consapevolezza