Recensione. Guarda le luci, amore mio

Sinossi ufficiale

«Raccontare la vita»: è questo il nome della collana per la quale nel 2012 l’editore francese Seuil chiede un libro ad Annie Ernaux. Senza esitazioni, l’autrice sceglie di portare alla luce uno spazio ignorato dalla letteratura, eppure formidabile specchio della realtà sociale: l’ipermercato. Ne nasce dunque un diario, in cui Ernaux registra per un anno le proprie regolari visite al «suo» Auchan annotando le contraddizioni e le ritualità ma anche le insospettate tenerezze di quel tempio del consumo. Da questa «libera rassegna di osservazioni» condotta tra una corsia e l’altra – con in mano la lista della spesa -, a contatto con le scintillanti montagne di merci della grande distribuzione, prende vita “Guarda le luci, amore mio”, una riflessione narrativa capace di mostrarci da un’angolazione inedita uno dei teatri segreti del nostro vivere collettivo.

Recensione

Annie Ernaux è una delle più famose scrittrici francesi contemporanei e ho scritto questo libro sull’esperienza che si fa andando negli ipermercati, luoghi dove si incontrano persone “differenti per età, reddito, cultura, origine geografica tecnica, stile di abbigliamento”, luoghi di incontro collettivo e spettacolo.

La scrittrice annota sottoforma di diario, genere che corrisponde meglio al suo temperamento le sue impressioni sulle persone, le cose e le atmosfere che si respirano in un centro commerciale, cercando di cogliere almeno una parte della vita che si svolge in quello che è uno dei luoghi più frequentati dall’uomo e dai suoi simili.

Il testo è breve ma attraverso delle osservazioni molto acute la scrittrice ci propone delle riflessioni su alcuni atteggiamenti particolari che assumiamo all’interno dell’ipermercato, atteggiamenti dei quali nella maggior parte delle volte non siamo consapevoli. Ad esempio la Ernaux ci fa notare come nel reparto Bío le persone si lasciano andare a delle meditate valutazioni dei prodotti da acquistare, oppure nel reparto discount non c’è nessuna confezione particolarmente curata, sgargiante o allettante che attira la clientela, poco dopo la scrittrice ci fa notare come negli ipermercati siamo portati a soddisfare ogni desiderio soprattutto dei più piccoli, perché è come se pensassimo che per far capire quanto li amiamo dobbiamo comprare loro più cose possibili, anche quelle che a volte non sono necessarie.

È molto interessante la riflessione che fa l’autrice a proposito del fatto che i supermercati non sono mai presenti nei romanzi: questo potrebbe dipendere dalla motivazione che sono legati alla sussistenza, sono roba da donne e per definizione ciò che è collegato alle donne di solito non ha vita in letteratura; oppure l’assenza dei supermercati nei libri potrebbe dipendere dal fatto che fino agli anni 70 gli scrittori francesi abitavano a Parigi dove i supermercati non esistevano.

La prossima volta che andrò in un supermercato sicuramente mi soffermerò ad osservare meglio il piccolo microcosmo che racchiude

“È qui che ci abituiamo alla prossimità dell’altro, spinti dagli stessi bisogni essenziali di nutrirci, di vestirci. Che lo si voglia o no, qui costituiamo un’unica comunità di desideri.”

“Il tempo trascorso in fila alla cassa, quello in cui siamo più vicini gli uni agli altri.osservatori e osservati, ascoltanti, ascoltati.o semplicemente percepiti, in maniera vaga, intuitiva.il tutto mentre esponiamo in pubblico, come mai altrimenti, il nostro stile e il nostro tenore di vita.le nostre abitudini alimentari, gli interessi più intimi. Persino la composizione della nostra famiglia.i prodotti che mettiamo sul nostro scorrevole raccontano se viviamo da soli, in coppia , con un neonato, con bambini più grandi, animali.”

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