Recensione. L’insostenibile tristezza della torta al limone

Sinossi ufficiale

Alla vigilia del suo nono compleanno, la timida Rose Edelstein scopre improvvisamente di avere uno strano dono: ogni volta che mangia qualcosa, il sapore che sente è quello delle emozioni provate da chi l’ha preparato, mentre lo preparava. I dolci della pasticceria dietro casa hanno un retrogusto di rabbia, il cibo della mensa scolastica sa di noia e frustrazione; ma il peggio è che le torte preparate da sua madre, una donna allegra ed energica, acquistano prima un terrificante sapore di angoscia e disperazione, e poi di senso di colpa. Rose si troverà così costretta a confrontarsi con la vita segreta della sua famiglia apparentemente normale, e con il passare degli anni scoprirà che anche il padre e il fratello – e forse, in fondo, ciascuno di noi – hanno doni misteriosi con cui affrontare il mondo. Mescolando il realismo psicologico e la fiaba, la scrittura sensuale di Aimeé Bender torna a regalarci una storia appassionante sulle sfide che ogni giorno ci pone il rapporto con le persone che amiamo.

Recensione

La parola che meglio rende l’idea del contenuto di questo libro è anticipato nel titolo: “tristezza”!

La malinconia che lo pervade ci prende fin dalle prime pagine in cui apprendiamo il dono di Rose che secondo me è più che altro un peso, una croce da portare.

La ragazzina ci racconta la sua storia e quella della sua famiglia, una piccola comunità a mio avviso disfunzionale. La madre passa in modo ossessivo da un lavoro all’altro finché arriva l’occupazione della sua vita o meglio l’uomo della sua vita in una cooperativa che esegue lavori di falegnameria e comincia ad avere un’esistenza parallela, prova un amore viscerale per il figlio Joe; il padre è un uomo che programma tutto, fa lunghe liste, non si accorge di ciò che accade alla moglie e ai figli, odia gli ospedali; Rose mangia dei cibi e riesce a capire dove sono stati prodotti gli ingredienti e lo stato d’animo di chi li ha preparati; Joe è un piccolo genio e ogni tanto sparisce all’improvviso. Tra i vari componenti c’è una totale incomunicabilità, c’è tanto amore tra la madre e i figli c’è un amore intenso ma non c’è vera intimità, tra i due coniugi la freddezza aumenta di anno e si scopre che quella che sembrava una coincidenza e che è all’origine della loro storia d’amore in realtà era stato progettato dal padre di Rose.

Anche i nonni della protagonista sono molto particolari: la nonna materna le invia degli oggetti sempre più strampalati, il nonno paterno sentiva gli odori di tutto a ciò che lo circondava.

Rose è al centro di questa famiglia moderna: è una bambina molto perspicace, che cerca di stabile un legame con il padre nelle serate trascorse sul divano a guardare serie tv, che manda giù a fatica i manicaretti pieni di tristezza preparati dalla madre, che vorrebbe tanto avere un legame più forte con il fratello. Soffre per il fatto che la madre la considera meno del fratello, per aver scoperto il tradimento della madre, per dover sopportare di mangiare il cibo pieno di sentimenti, che per lei è una sorta di maledizione che solo l’amico del fratello George conosce e comprende.

È un romanzo che mi ha conquistato fin dalle prime pagine e che mi ha portato a provare una grande compassione per Rose, una ragazzina molto matura fin da piccola, consapevole della stranezza della sua famiglia e che cerca di tenerla unita nonostante tutto. Una scrittura fluida ed armoniosa ci porta attraverso la narrazione che scorre piena di dettagli e particolari, che scava a fondo nell’animo della protagonista, per rendere il suo profondo disagio e la sua vita disturbata da un dono troppo particolare.

L’autrice

Aimee Bender, californiana, è nata nel 1969. Suo padre è uno psichiatra, sua madre una ballerina e coreografa. «Due professioni», ha osservato in un’intervista, «che hanno profondamente a che fare con l’inconscio, anche se la prima ha una forma di espressione verbale, l’altra completamente non verbale»: entrambe a loro modo influenzeranno la sua scrittura. È autrice di due romanzi, L’inconfondibile tristezza della torta al limone e Un segno invisibile e mio, e due raccolte di racconti, La ragazza con la gonna in fiamme e Creature ostinate. Tutte le sue opere sono pubblicate in Italia da minimum fax. I suoi libri sono stati tradotti in più di dieci lingue.
Fra i suoi padri letterari Aimee Bender indica Calvino e García Márquez, accanto a maestri della fiaba come Hans Christian Andersen e i fratelli Grimm e a moderni classici americani come J.D. Salinger e Donald Barthelme; ma nomina anche la musica di PJ Harvey e Jane Siberry, i fumetti di Lynda Barry, i balletti di Pina Bausch e il cinema di Jane Campion. Al momento Aimee Bender vive a Los Angeles, dove insegna scrittura creativa alla South California University.

Estratti

Ma il giorno fuori andava rabbuiando sì, e mentre finivo quel primo assaggio, mentre con la prima impressione svaniva, mi sentii dentro un impercettibile mutamento, una reazione inaspettata. Come se un sensore, fino ad allora sepolto in profondità dentro di me, allargasse il suo raggio d’azione e cominciassi a scrutare tutto attorno, allertando la mia bocca a qualcosa di nuovo… Perché la bontà degli ingredienti-la cioccolata sopraffina, i limoni freschissimi-sembrava una coltre sopra qualcosa di più grande e di più scuro, e il sapore di quello che c’era sotto cominciava ad affiorare nel boccone. Certo, riuscivo ad assaporare la cioccolata, ma a folate e di traccia in traccia, in un dispiegarsi o in un aprirsi, sembrava che la mia bocca si stesse anche riempiendo con il sapere della piccolezza, la sensazione del rattrappirsi, dell’inquietudine, assaporando una distanza che non so come sapevo collegata a mia madre, come se sentissi un sapere pieno dei suoi pensieri, una spirale, come se quasi preso privare il sapore della tensione della sua mascella che le aveva provocato il mai di testa, il che significava che aveva dovuto prendere un certo numero di aspirine, una riga punteggiata di aspirine messe in fila sul comodino, come puntini di sospensione dopo la sua frase: vado a buttarmi sul letto per un po’ …

Lei soprannominò Joseph “il deserto”, un pomeriggio d’estate Mentre percorrevano insieme il molo di Santa Monica, perché, ci spiego’, era come un eco sistema che aveva semplicemente bisogno di minori risorse esterne. Basta il sole per Joe, disse, mangiandoselo con gli occhi.

[…]

Non l’hai detto tu che Joseph era il deserto?

Mise le mani sotto l’acqua corrente. Ma no, non è il deserto, disse, come se quella conversazione non ci fosse mai stata. Joseph, aggiunse, è come un genere: niente di speciale di fuori, splendido dentro.

[…]

Con Joseph, continuo’, lui vedeva tutto il mondo.

La sua mano si fermò a metà dei miei capelli.

Appena nato?, Domandai.

Era una specie di minuscolo vecchio profeta sottoforma di neonato, spiego’.

5 pensieri riguardo “Recensione. L’insostenibile tristezza della torta al limone

  1. Ma che libro davvero unico e particolare, centrato su emozioni alquanto cupe. Forse ora non lo leggerei ma chissà in futuro

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