
Anche quando si comincia a conoscere Brian Phillips – dopo aver partecipato con lui a una corsa di cani da slitta attraverso l’Alaska, o essersi fatti spiegare in dettaglio il complicatissimo rituale del sumo –, è difficile capire dove porterà la prossima tappa: senza preavviso, ci si può ritrovare fra le tigri (e i cacciatori di tigri) della giungla indiana, nella dacia di Jurij Norštejn a parlare del suo Cappotto (e del perché non si decida a finirlo), o nelle vene dell’America profonda in cui Phillips è cresciuto. Quel che però è certo è che passando il tempo insieme a Phillips è impossibile annoiarsi, e non essergli grati per le infinite sorprese che ogni viaggio, non importa se in un altro continente o nel cinema vicino a casa, finisce per riservare.

Molti si accorgono dell’esistenza delle formiche solo quando ne trovano una nella zuccheriera e se ne ritraggono inorriditi, ma per Hölldobler e Wilson, che al loro studio hanno dedicato la vita intera, questi minuscoli insetti sono una continua fonte di meraviglia e di scoperte. In modo speciale le attine tagliafoglie, dalle stupefacenti caratteristiche: grazie al fatto che vivono in popolazioni di milioni di individui organizzati in un elaborato sistema di caste e che possiedono uno degli apparati di comunicazione più complessi fra quelli noti nel mondo animale, le tagliafoglie sono infatti una delle espressioni più compiute del superorganismo sulla Terra. Guidati dalla mano esperta e sicura dei due mirmecologi, scopriremo come le tagliafoglie abbiano inventato una forma di agricoltura 50-60 milioni di anni prima dell’uomo, coltivando nei loro nidi un fungo con cui hanno instaurato uno dei più riusciti rapporti simbiotici in natura. Le osserveremo nei meandri delle loro metropoli sotterranee, vaste quanto un campo da calcio e con migliaia di camere collegate da un dedalo di cunicoli, o nelle spedizioni di foraggiamento, quando all’imbrunire interminabili colonie di operaie, seguendo tracce olfattive, corrono a ranghi serrati lungo piste tenute libere dalla vegetazione verso il bersaglio prescelto, spesso distante centinaia di metri. E ci sembrerà di percepire il sottofondo di stridulazioni prodotto da migliaia di mandibole che, affilate come rasoi e manovrate con precisione geometrica, ritagliano le foglie di un grande albero riuscendo in poche ore a ridurre a un nudo scheletro la sua chioma rigogliosa.

Le formiche continuano a prosperare nel bel mezzo delle rovine prodotte senza sosta dall’umanità, apparentemente incuranti della presenza, o assenza, degli uomini, purché venga lasciata loro una piccola porzione di ambiente poco disturbata … La loro abbondanza è leggendaria. Un’operaia è grande meno di un milionesimo di un essere umano, eppure nel complesso le formiche contendono all’uomo il ruolo di organismi predominanti sulla terraferma. Appoggiatevi a un qualsiasi albero; la prima creatura che si arrampicherà su di voi sarà, molto probabilmente, una formica».