Recensione. #giovediconiclassici. Suite francese

Irene Nemirovsky

Mondolibri editore

Pagine 356

Il GDL #gruppoletturaclassici per il mese di agosto ha scelto questo libro della Nemirovsky.

Trama

Il libro racconta l’occupazione tedesca della Francia durante la Seconda Guerra Mondiale, dal bombardamento di Parigi del 4 giugno 1940 all’occupazione della piccola cittadina di Bussy nel ’41. È un evento narrato attraverso le vite e le prospettive di diversi personaggi: nella prima parte intitolata Tempesta di giugno troviamo la ricca famiglia Pericand, la famiglia piccolo-borghese Michaud, lo scrittore Gabriel Corte e la sua amante Florence, il ricco Charles Langelet collezionista di porcellane; nella seconda dal titolo Dolce, i protagonisti sono la signora Angellier e sua nuora Lucile che ospitano un ufficiale tedesco, Bruno von Falk, il figlio dei Michaud, Jean-Marie che è stato ospitato in una casa del paese curato da Madeleine che poi si è sposata con Benoit, un giovane violento e antinazista.

Il libro doveva procedere con altri tre capitoli intitolati Prigionia, Battaglie e Pace: del primo restano degli appunti che delineano la trama ma degli altri due non è rimasto nulla.

Recensione

Non è facile raccontare la guerra e credo che lo sia stato ancora di più per la Nemirovsky, scrittrice di origine ebraica che ha vissuto sulla sua pelle gli orrori della Seconda Guerra Mondiale ed è stata poi deportata ad Auschwitz.

Il testo è un grande romanzo corale che racconta le vicende di personaggi appartenenti a diverse classi sociali.

Quelli che mi hanno colpito di più sono stati lo scrittore Corte, Langelet e le signore Angellier.

Corte è un privilegiato, un membro dell’Accademia di Francia e scappa da Parigi per raggiungere altri artisti che vogliono mettersi al servizio del nuovo regime collaborazionista di Pétain e solo alla fine ritrova la sicurezza che il suo mondo non è andato perduto, che la rozzezza del volgo al quale si è avvicinato durante la fuga da Parigi è un ricordo lontano.

«Il solito martini?»

Con il bicchiere reso opaco dal ghiaccio posato davanti a lui fra due piattini, uno con le olive, l’altro con le patatine, Corte rivolse allo scenario familiare un pallido sorriso da convalescente, poi osservò gli uomini che stavano entrando riconoscendoli via via l’uno dopo l’altro. Ma sì, c’erano tutti, l’accademico ed ex ministro, il grande industriale, l’editore, il direttore di giornale, il senatore, il drammaturgo e quello che firmava Generale X quegli articoli così documentati, così seri, così tecnici su un grande periodico parigino…

La stanza da bagno profumava di sapone al catrame, di lozione per i capelli, di acqua di colonia e di lavanda. Corte sorrideva, allungava le braccia, faceva scrocchiare le giunture delle lunghe dita pallide, assaporava il divino e semplice piacere di essere al riparo dalle bombe e di fare un bel bagno rinfrescante in una giornata torrida.

Angelet vive in un mondo tutto suo, piu preoccupato delle sue delicate porcellane che degli esseri umani che lo circondano.

 “Ogni tanto si girava verso l’interno dell’auto e guardava con tenerezza le casse che contenevano le porcellane, i suoi tesori più cari. C’era un Capodimonte che lo preoccupava: si domandava se lo avesse protetto con una quantità sufficiente di trucioli e di carta velina. LORO, creature vili e volgari, credevano di provare compassione umana ma in realtà fremevano di bassa e melodrammatica curiosità. «È pazzesco quanta volgarità ci sia al mondo» pensò Charlie Langelet”

Lucile Angellier si è sposata per volere del padre con un uomo che non ama e che mira solo al suo patrimonio, sperperato però dal suocero. L’incontro con von Falk la rianima e, anche se all’inizio è un po’ riluttante, poi si lascia andare a questo nuovo amore, anche perché nel paese ormai gli abitanti hanno iniziato a vedere i tedeschi come uomini e non solo come nemici.

Da lungo tempo il paese mancava di uomini, cosicché perfino questi, gli invasori, parevano al posto giusto. Loro lo intuivano e si crogiolavano beatamente al sole; vedendoli, le madri dei prigionieri e dei soldati uccisi in guerra invocavano sottovoce su di loro la maledizione del Cielo, ma le ragazze se li mangiavano con gli occhi… Nel cortile della scuola che hanno occupato prendono i pasti a torso e gambe nudi, solo con una specie di cache-sexe! Nella classe delle grandi che dà proprio su quel cortile siamo costretti a tenere le imposte chiuse per evitare che le bambine vedano.

[…] L’incontro con la sarta, da cui porta una pezza di stoffa per una sottoveste, le dà una spinta ulteriore verso la china proibita: “«Come può?»mormorò Lucile. La sarta esitò fra diversi atteggiamenti. La sua faccia assunse in rapida successione un’espressione insolente, stolida, bugiarda. Ma di colpo chinò il capo. «E allora? Tedesco o francese, amico o nemico, è prima di tutto un uomo, e io sono una donna. E con me è affettuoso, tenero, pieno di attenzioni… È un ragazzo di città, ben curato a differenza degli uomini di qui; ha una bella pelle, denti bianchi. Quando bacia ha l’alito fresco, non sa di alcol come i ragazzi di paese. A me basta. Non cerco altro. Ci complicano abbastanza la vita con le guerre…”

L’autrice aveva progettato questo romanzo ispirandosi alla Quinta sinfonia di Beethoven, progettando un libro di 1000 pagine, ma è arrivata solo ai primi due tomi.

Nel racconto si sente la rabbia per la situazione che si è verificata nel suo paese, l’amarezza per la responsabilità delle classi dirigenti francesi che hanno portato la Francia allo sfacelo.

Prova una grande tenerezza per i coniugi Michaud che vivono nella semplicità e nell’amore, certi che prima o poi tutto finirà.

Ma allora, cos’è che ti conforta?». e lui risponde: «La certezza della mia libertà interiore, » disse lui dopo aver riflettuto «questo bene prezioso, inalterabile, e che dipende solo da me perdere o conservare. La convinzione che le passioni spinte al parossismo come capita ora finiscono poi per placarsi. Che tutto ciò che ha un inizio avrà una fine. In poche parole, che le catastrofi passano e che bisogna cercare di non andarsene prima di loro, ecco tutto. Perciò, prima di tutto vivere: Primum vivere. Giorno per giorno. Resistere, attendere, sperare»

Sono questi i sentimenti che hanno animato anche la scrittrice fini a quando la tragedia non l’ha travolta.

L’autrice

Dal sito wuz.it

Scrittrice ucraina di religione ebraica.
Irène Némirovsky, figlia di un ricco banchiere ebreo, fin da giovane venne allevata in modo da parlare fluentemente il francese. Della sua educazione si occupò infatti la tata Zezelle, di madrelingua francofona: la madre di Iréne, Anna Margoulis, non si interessava particolarmente alla formazione della figlia. Oltre al francese, la piccola imparerò il russo e l’inglese. 
Ben presto purtroppo le leggi razziali cominciarono a mordere: la famiglia Némirovsky si trasferì prima a San Pietroburgo, poi in Finlandia, infine in Svezia.
Finchè, nel luglio del 1919 si stabilirono definitivamente in Francia, dopo un avventuroso viaggio in nave. 
Sembrava che tutto fosse tornato come prima: la famiglia comprò una bella casa a Parigi (nel XVI arrondissement, il quartiere più chic); venne assunta una governante inglese per completare l’educazione di quella che era oramai divenuta una giovane donna; la madre continuava a non interessarsi della figlia. Irène sostenne l’esame di maturità a Parigi, e nel 1921 si iscrisse alla Sorbona, facoltà di Lettere, che concluse tre anni dopo. 
In realtà la giovane conosceva oramai sette lingue, e nel 1921 pubblicò il suo primo testo (in francese) sul bisettimanale «Fantasio». Il primo romanzo Le Malenteduè di cinque anni dopo. Seguì la sua prima novella (L’Enfant génial), pubblicata nel 1927. 
A 23 anni, nel Municipio prima e in Sinagoga poi, Irène Némirovsky sposò Micheal Epstein, giovane ingegnere russo con un futuro da banchiere. La famiglia, stabilitasi a Parigi, sarà ben presto allietata dall’arrivo di due figlie: Denise (1929) ed Élisabeth (1937). La vita sociale della scrittrice fu in quegli anni ruggente: nel 1929 divenne celebre per il suo romanzo David Golder, e il suo editore la introdusse bene nei salotti letterari francesi. 
Del 1930 è Le bal (Il ballo), in cui viene descritto il difficile passaggio dall’adolescenza all’età adulta attraverso la rivalità madre-figlia. 
Dopo cinque anni la prima nota stonata: a Irène venne rifiutata la cittadinanza francese. Nel 1939 decise di convertirsi al cattolicesimo, ma poco cambiò. Da qui in avanti, la famiglia Epstein iniziò ad essere vittima delle leggi razziali del governo Vichy: a Micheal fu impedito di lavorare in banca e ad Iréne di pubblicare. 
I coniugi avevano già mandato le figlie a Issy-l’Évêque per proteggerle, e le raggiunsero nel 1940. Dalla campagna francese, Irène continuò a scrivere ma, essendo per legge considerata un’ebrea, nessuna sua opera fu più pubblicata. Un’eccezione fu l’editore Horace de Carbuccia che, sfidando la censura, pubblicò le sue novelle fino al 1942.
Il 13 luglio 1942 la scrittrice fu arrestata dalla Guardia Nazionale francese, e due giorni dopo fu internata a Pithiviers, da cui mandò una lettera al marito. Nonostante i disperati tentativi di Micheal per farla liberare, il suo viaggio verso l’inferno proseguì per Auschwitz, dove venne uccisa il 17 agosto dello stesso anno. In seguito, anche lui fu arrestato con la sorella e deportato ad Auschwitz, dove incontrò la morte il 6 novembre 1942. 
Denise ed Élisabeth si salvarono, finendo sotto la tutela di Albin Michel e Robert Esmenard (gli editori di Irène). Per anni Denise conservò i documenti che era riuscita a salvare in una valigia, senza mai aprirla. Molto tempo dopo, affrontando un dolore immenso, fece scattare il meccanismo d’apertura e la spalancò: dentro, un manoscritto incompiuto della madre, in inchiostro azzurro. Si trattava di Suite francese, o meglio, i primi due tomi di un’opera pensata in cinque volumi. Venne pubblicata in Francia solo nel 2004, contribuendo alla riscoperta di una grande scrittrice ingiustamente dimenticata. Inoltre, nel 1992, la figlia Élisabeth pubblicò una biografia della madre, intitolata Le Mirador. 
Tra le opere di Irène Némirovsky, ricordiamo almeno Il ballo (1930), Come le mosche d’autunno (1931), Il vino della solitudine (1935), Due (1936), Il signore delle anime (1939), I cani e i lupi (1940), I doni della vita (1941) e Suite Francese (1942). In Italia la casa editrice di riferimento fino allo scadere dei diritti è stata Adelphi, che ha cominciato a pubblicare le sue opere nel 2005. Altre case editrici che hanno poi pubblicato i suoi libri sono state Garzanti, Rizzoli, Newton Compton.

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