Recensione. Il coraggio del pettirosso

Sinossi ufficiale

Saverio è figlio di un fornaio anarchico di Alessandria d’Egitto, cresciuto con la passione della libertà e con la nostalgia per il paese degli antenati. La morte del padre lo costringe ad affrontare la sua confusa identità, le sue radici. Parte per un suo viaggio di iniziazione, dal deserto, alla città, dal presente a un oscuro e misterioso passato. Da questo racconto fatto di dolci asprezze liguri-toscane, emerge l’unico vero paese dell’anima: quel desiderio di libertà che è come il tenace volo del pettirosso.

Recensione

Il protagonista del libro, Saverio, nato ad Alessandria d’Egitto da genitori italiani nel 1947, racconta la sua storia in prima persona e si rivolge ad un pubblico immaginario narrando le sue singolari vicende: lui si trova in un ospedale dopo aver avuto un’embolia e ogni notte sogna una storia a puntate, cioè ogni giorno il suo sogno riparte da dove si era interrotto quello del giorno precedente. A leggere la trascrizione e il racconto di questi sogni c’è il responsabile di questo ospedale, il dottor Modrian che gli ha consigliato di scrivere la sua storia per poter riuscire a guarire dall’apatia e dall’abulia che lo tormentano

Già fin dalle prime pagine ci sono molti riferimenti letterari: il protagonista dice di aver avuto il suo malore mentre si stava immergendo nelle acque di fronte alla città di Alessandria alla ricerca del porto sepolto che si dice ci sia in quelle acque e questo mi ha fatto pensare ad una poesia di Ungaretti che porta questo titolo, il porto sepolto e che in seguito viene citata spesso nel libro.

Durante la narrazione poi si fa riferimento proprio ad Ungaretti che era nato ad Alessandria d’Egitto e che poi se ne era tornato in Europa per arruolarsi in guerra e che veniva visto come un traditore dagli italiani anarchici che erano rimasti ad Alessandria.

Poi il dottore che ha consigliato al protagonista di scrivere la sua storia per superare la sua malattia mi ha richiamato alla mente la coscienza di Zeno di Svevo, in cui il dottor S dà proprio a Zeno il compito di scrivere una sorta di diario per riuscire a superare le sue nevrosi e le sue difficoltà.

Il titolo deriva da una storiella che il padre di Saverio gli raccontava, quella del pettirosso coraggioso che aveva osato sfidare il re del bosco, il falchetto.

Mi è piaciuto molto il passaggio in cui il protagonista dice di aver trovato per caso un libro di poesie di Ungaretti che apparteneva al padre e di averne lette alcune poesie, poi ha smesso all’improvviso perché sentiva che quelle poesie gli suscitavano delle emozioni, era come se il poeta fosse entrato dentro di lui, lo turbavano e quindi ha smesso di leggerle.

Il primo sogno che Saverio narra e che parla del formaggiaro è troppo esilarante: un uomo che non riesce ad amare una sola donna, che tradisce in continuazione e ogni volta che lo fa si taglia un dito: geniale!!

Trovo davvero interessante anche il fatto che ci siano delle storie nella storia principale, cioè oltre alla storia della vita del protagonista c’è il racconto dei suoi sogni.

È un libro che offre molti spunti di lettura, sulla ricerca di se stessi, sul concetto di libertà, sulla fede.

Un autore da approfondire sicuramente.

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