
Sinossi ufficiale
Nella cameretta di Samantha spicca appeso al muro il poster di una donna lupo, «capelli lunghi, occhi gialli, un corpo da mozzare il fiato, gli artigli al posto delle unghie», una donna che non si arrende davanti a nulla e sa difendersi e tirare fuori i denti. Samantha invece, a 17 anni, ha raccolto nella vita solo tristezze e non ha un futuro davanti a sé. Non è solo la povertà della famiglia; è che la gente come lei non ha più un posto che possa chiamare suo nell’ordine dell’universo. Lo stesso vale per tutti gli abitanti di Colle San Martino: vite a perdere, individui che, pur gomito a gomito, trascinano le loro esistenze in solitudine totale, ognuno con i suoi sordidi segreti, senza mai un momento di vita collettiva, senza niente che sia una cosa comune. Sul paese dominano, rispettivamente dall’alto del palazzo padronale e dal campanile della chiesa, Cicci Bellè, «proprietario di tutto», e un prete reazionario, padre Graziano. I due si odiano e si combattono; opprimono e sfruttano, impongono ricatti e condizionamenti. Cicci Bellè prova un solo affetto, per il figlio Mariuccio, un ragazzone di 32 anni con il cervello di un bambino di 5; padre Graziano porta sempre con sé il nipote Faustino, bambino viziato, accudito da una russa silenziosa, Ljuba. Samantha non ha conforto nel ragazzo con cui è fidanzata, nemmeno nei conformisti compagni di scuola; riesce a comunicare solo con l’amica Nadia. Tra squallide vicende che si intrecciano dentro le mura delle case, le sfide dei due prepotenti e i capricci di un destino tragico prima abbattono la protagonista, dopo le permettono di vendicarsi della sua vita con un colpo spregiudicato, proprio come una vera donna lupo; un incidente, un grave lutto, un atto di follia, sono le ironie della vita di cui la piccola Samantha riesce ad approfittare. La penna di Antonio Manzini, che ha descritto un personaggio scolpito nella memoria dei lettori come Rocco Schiavone, raffigura individui e storie di vivido e impietoso realismo in un noir senza delitto, un romanzo di una ragazza sola e insieme il racconto corale di un piccolo paese. Una specie di lieto fine trasforma tutto in una fiaba acida. Ma dietro quest’apparenza, il ghigno finale della donna lupo fa capire che La mala erba è anche altro: è un romanzo sul cupio dissolvi di due uomini prepotenti, sulla vendetta che non ripristina giustizia, sul ciclo inesorabile e ripetitivo dell’oppressione di una provincia emarginata che non è altro che l’immensa, isolata provincia in cui tutti viviamo.
Recensione
“Le veniva da piangere perché la vita era così. Non guardava in faccia nessuno. Non c’è giustizia né un premio finale. Le toccava viverla in quei panni, in quel paese, figlia di quei genitori con quel nome, quel cognome, quel viso e quegli occhi. Inutile farci troppi pensieri. La sua esistenza era quella. Impararlo a diciassette anni, quando uno di solito viaggia in mezzo alle stelle a trecento all’ora e vive ad un palmo da terra, era dura. Però, forse, le avrebbe dato una spinta in avanti rispetto ai suoi coetanei che, sulla pelle, non avevano mai provato simili delusioni. Non le restava che risolvere la faccenda che si portava dentro. Da sola”
Il piccolo paesino di Colle San Martino si trova sperduto tra le montagne, abitato solo da 300 anime tra le quali spiccano Samantha, una ragazzina di 17 anni che deve imparare prima del tempo ad affrontare i problemi della vita, il padrone assoluto del paese Cicci Belle’ è il prete don Graziano. Attorno a loro si muove un piccolo microcosmo di persone semplici e oppresse, che hanno dovuto abbandonare da tempo i loro sogni, abituati a vivere in questo piccolo paese, a contatto con la natura, a testa bassa.
Samantha è senza dubbio il personaggio più interessante, rimasta solo con i suoi problemi e con un guaio che le impedisce di realizzare il destino che vorrebbe (diventare una veterinaria e andare a vivere a Roma), troverà il coraggio per inghiottire un boccone amarissimo ma ottenere così in cambio ciò che vuole: la sua libertà. Purtroppo tutto questo ha un prezzo che la ragazza disposta a pagare pur di liberarsi della vita difficile che ha. Il suo carattere che si forgia grazie alle esperienze durissime che deve affrontare ricordo un po’ quello del ruvido vicequestore Schiavone, quasi allergico alle persone e profondamente infastidito dalle incombenze del suo lavoro.
Soprusi, prepotenze, segreti e vendette sono gli ingredienti che Manzini mescola per dare vita ad un romanzo crudo e spietato, un po’ come la vita, che si prende gioco a mescolare le carte in tavola e a vedere come ce la caviamo.