Recensione. Il mare non bagna Napoli

Sinossi ufficiale

“Il mare non bagna Napoli” è – sottolinea Pietro Citati nella prefazione – una straordinaria discesa agli Inferi: nel regno della tenebra e delle ombre, dove appaiono le pallidissime figure dei morti. Di rado un artista moderno ha saputo rendere in modo così intenso la spettralità di tutte le cose, delle colline, del mare, delle case, dei semplici oggetti della vita quotidiana. Anna Maria Ortese attraversa l’Ade posando sulle cose e le figure degli sguardi allucinati e dolcissimi: tremendi a forza di essere dolci; che colgono e uccidono per sempre il brulichio della vita. Nei racconti compresi nella prima parte del libro, questi sguardi penetrano nel cuore dei personaggi: ne rendono la musica e il tempo interiore, come molti anni prima aveva fatto Cechov”.

Recensione

Questo libro è formato da 5 racconti, Un paio di occhiali, Interno Familiare, Oro a Forcella, La città involontaria e Il silenzio della ragione

Io n essi ci scorre davanti agli occhi la Napoli del secolo scorso, vista attraverso gli occhi dei suoi abitanti poveri e derelitti nei primi quattro testi, intellettuali nell’ultimo.

Bassi sovraffollati, speranze di una vita diversa andati in fumo, file al banco dei pegni, case popolate da un’umanità fatiscente, notizie sugli intellettuali napoletani del secondo dopoguerra: dei cinque racconti i primi quattro sono sicuramente più interessanti, mentre l’ultimo è molto più lento e a mio parere noioso.

Un universo di disperati , che “come un cavallo da tiro ha la sensazione che il suo carico cresce di minuto in minuto, e le zampe gli si piegano, ma gli occhi miti non riescono a guardare indietro, così lei non vedeva da quale parte fluisse questa enorme e inutile vita su lei, e solo sapeva questo: che doveva portarla.”

Un’umanita’ dolente e fiaccata dalla vita, straccioni, mendicanti, disoccupati, bambini vestiti di stracci, casermoni dentro cui non arriva neanche la luce, un mondo parallelo a quello “normale”, dove la dignità si mantiene con grande fatica.

Il linguaggio dell’autrice e’ duro e tagliente proprio come il destino dei suoi personaggi, della piccola Eugenia che vede il mondo sfocato o della matura Anastasia che deve dire addio ai suoi sogni. Vicoli bui, bassi fetenti, strade dissestate: tutto è rovina e desolazione e non c’è speranza di riscatto o di miglioramento, neanche negli anni del boom economico che sembra aver dimenticato la città di Napoli.

Una lettura a tratti non facile ma di grande impatto emotivo.

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