Recensione. Il treno dei bambini

Sinossi ufficiale

È il 1946 quando Amerigo lascia il suo rione di Napoli e sale su un treno. Assieme a migliaia di altri bambini meridionali attraverserà l’intera penisola e trascorrerà alcuni mesi in una famiglia del Nord; un’iniziativa del Partito comunista per strappare i piccoli alla miseria dopo l’ultimo conflitto. Con lo stupore dei suoi sette anni e il piglio furbo di un bambino dei vicoli, Amerigo ci mostra un’Italia che si rialza dalla guerra come se la vedessimo per la prima volta. E ci affida la storia commovente di una separazione. Quel dolore originario cui non ci si può sottrarre, perché non c’è altro modo per crescere.

Recensione

Il libro di Viola Ardone è una storia magica e dolente che ci parla di infanzia, miseria e riscatto, partenze e ritorno

Amerigo nel 46 ha otto anni, vive a Napoli figlio unico di una madre sola, il padre è partito per l’America in cerca di fortuna e gli ha lasciato solo il nome e i capelli rossi. Viene messo su un treno per il nord Italia insieme ad altri suoi coetanei tra cui il suo amico Tommasino, per essere accolti da alcune famiglie che li sfameranno, li vestiranno e li terranno al caldo. Questa esperienza lo segnerà per sempre.

Amerigo rimarrà un bambino diviso a metà tra Napoli e Modena, tra la sua mamma di giù’ di poche parole, sempre di fretta e imbronciata, e la sua nuova famiglia di su, rumorosa e affettuosa.

“L’accoglienza, la solidarietà, come dici tu, ha anche un sapore amaro, per entrambe le parti, per quelli che la danno e per quelli che la ricevono.”

Non è facile rinunciare al benessere, al cibo, alle scarpe nuove e tornare a casa dove non c’è nulla, dove i sentimenti soprattutto e l’affetto sembrano scarseggiare. È facile provare nostalgia per la nuova famiglia, per il babbo accordatore di strumenti, per i nuovi fratelli, anche per quella terra sempre piena di nebbia, per una scuola dove non ci sono scappellotti ma bei voti, dove c’è un’altra lingua.

A proposito di questo, il dialetto nel libro è una cartina di tornasole delle stratificazioni sociali a Napoli, nella media e altissima borghesia non è conosciuto perché è retaggio della povertà

L’autrice è figlia di 2 insegnanti medio borghesi, provenienti di due quartieri popolari, le hanno insegnato l’italiano, usare il dialetto per lei è stato un modo per ricordare le sue nonne che parlavano solo dialetto che diventa strumento di arricchimento personale.

Nel libro c’è anche Napoli con i suoi bassi che fa da sfondo alla storia, è una città dalle mille sfaccettature, imbroglia, piena di cliché in parte veri, è difficile narrarla, ti addormenta o ti uccide, Ermanno Rea, Domenico Rea, Maurizio De Giovanni e tanti altri l’hanno raccontata ognuno dandole un proprio taglio e anche la Ardone l’ha saputa raccontare in modo delicato e dolente

Non vedo l’ora di leggere Oliva Denaro che con questo libro ha un personaggio in comune.

2 pensieri riguardo “Recensione. Il treno dei bambini

  1. L’ho letto l’anno scorso e devo dire che mi é piaciuto moltissimo specialmente lo spaccato di Napoli quando “pittavano i topi e vendendoli come criceti “. L’arte di arrangiarsi dei napoletani é impareggiabile.

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