Recensione. La vita gioca con me

Sinossi ufficiale

Tuvia era mio nonno. Vera è mia nonna. Rafael, Rafi, mio padre, e Nina… Nina non c’è. Nina non è qui. È sempre stato questo il suo contributo particolare alla famiglia”, annota Ghili nel suo quaderno. Ma per la festa dei novant’anni di Vera, Nina è tornata; ha preso tre aerei che dall’Artico l’hanno portata al kibbutz, tra l’euforia di sua madre, la rabbia di sua figlia Ghili, e la venerazione immutata di Rafi, l’uomo che ancora, nonostante tutto, quando la vede perde ogni difesa. E questa volta sembra che Nina non abbia intenzione di fuggire via; ha una cosa urgente da comunicare. E una da sapere. Vuole che sua madre le racconti finalmente cosa è successo in Iugoslavia, nella “prima parte” della sua vita, quando, giovane ebrea croata, si è caparbiamente innamorata di Milos, figlio di contadini serbi senza terra. E di quando Milos è stato sbattuto in prigione con l’accusa di essere una spia stalinista. Vuole sapere perché Vera è stata deportata nel campo di rieducazione sull’isola di Goli Otok, abbandonandola all’età di sei anni e mezzo. Di più, Nina suggerisce di partire alla volta del luogo dell’orrore che ha risucchiato Vera per tre anni e che ha segnato il suo destino e poi quello della giovane Ghili. Il viaggio di Vera, Nina, Ghili e Rafi a Goli Otok finisce per trasformarsi in una drammatica resa dei conti e rompe il silenzio, risvegliando sentimenti ed emozioni con la violenza della tempesta che si abbatte sulle scogliere dell’isola. Un viaggio catartico affidato alle riprese di una videocamera, dove memoria e oblio si confondono in un’unica testimonianza imperfetta. Con “La vita gioca con me” David Grossman ci ricorda che scegliere significa escludere e vivere è un continuo, maldestro tentativo di ricomporre.

Recensione

“ci sono semi ai quali per attecchire basta un unico granello div terra.”

Tre donne si rincorrono in questo libro, tre generazioni: la nonna Vera, ebrea croata, la figlia Nina, tormentata e sempre in movimento, la nipote Ghili che racconta in prima persona la storia di un viaggio nel passato, da Israele in Croazia, nel campo in cui Vera è stata prigionerà e dove si è consumato il suo destino e quello di sua figlia.

Le tre donne sono in una straordinaria a modo suo. Vera ha una determinazione molto forte, che la portato a sacrificare tutto il nome di un amore più grande della sua stessa vita, a cercato di gettarsi alle spalle il passato e di ricominciare una nuova vita in Israele, con un altro uomo, senza mai dimenticare però il suo primo grande amore. Nina sta perdendo pezzi della sua memoria vuole a tutti costi sapere quello che si nasconde nel suo passato, che aggravato sulle spalle come un pesante fardello per tutta la sua esistenza, ho bisogno di sentire dalla voce della madre la sua confessione. Ghili si sente molto più vicina alla nonna che alla madre, uno spirito ribelle, che l’ha abbandonata da piccola e che ora le ispira un grande senso di tenerezza e compassione.

Accanto a queste tre donne ci sono alcuni uomini: la figura fragile del primo marito di Vera, quella incerta del secondo marito è quella del padre di Ghili, Rafi che si nasconde dietro la macchina da presa come per tenere le distanze da queste tre donne così impegnative.

Leggere un libro di Grossman significa fare un viaggio nell’animo dell’uomo, un uomo tormentato, a disagio con se stesso e spesso anche con gli altri. Nina rappresenta meglio di tutti gli altri personaggi questo estremo disagio interiore, evidenziato anche dal suo continuo spostarsi da una città all’altra, dalla sua fame di uomini, dalla sua instabilità emotiva.

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