
Che cosa si prova a cadere da un piroscafo in mezzo al Pacifico? Chiedetelo a Henry Preston Standish, il protagonista di questo piccolo libro, un agente di Borsa di New York che si è appena concesso la sua prima vacanza solitaria per poi, una volta al largo, cadere inopinatamente in mare. Sposato, con due figli e una carriera solida, Standish è un bravo cittadino, «scialbo come una tela grigia», che non ha mai avuto dubbi o cedimenti, ma a un tratto ha sentito il bisogno di partire. Se il viaggio non andrà come sperato è solo colpa della sua condizione di gentiluomo – fonte ultima dei suoi guai –, che gli ha impedito di urlare a squarciagola per chiedere soccorso. Quando infatti si decide a farlo è troppo tardi e si ritrova in pieno oceano, mentre la nave si allontana per sempre all’orizzonte. Le ore successive le passerà a riflettere sulla tragica ironia della sua sorte: una minima odissea tutta interiore che lentamente si trasforma in una sorta di regressione talassale, in un livido ritorno a una agognata condizione prenatale. E su quello che in fondo è solo uno scivolone, Lewis costruisce – con un senso dell’equilibrio che ha del miracoloso – un apologo beffardo e una novella perfetta.

L’assassinio di Liliana è una tragedia sacra: un matricidio, come quello che aveva aleggiato sulle pagine della Cognizione del dolore : un delitto erotico, dove Liliana si concede volontariamente allo stupro dell’assassina; un’irruzione alla luce delle furiose forze infernali, che stanno nascoste sotto la superficie della vita e vengono alla luce come le nere Erinni di Eschilo … Come nei Demòni e nei Fratelli Karamazov , il Narratore si addossa la responsabilità morale e fantastica del delitto : offende, profana, uccide, viene ucciso: vive immerso nell’orrore sacro della tragedia; ed espia sino in fondo l’offesa inferta, nel debole corpo di Liliana, al cuore dolorante della creazione».