
Sinossi ufficiale
Semisepolto in mezzo a una pista sciistica sopra Champoluc, in Val d’Aosta, viene rinvenuto un cadavere. Sul corpo è passato un cingolato in uso per spianare la neve, smembrandolo e rendendolo irriconoscibile. Poche tracce lì intorno per il vicequestore Rocco Schiavone da poco trasferito ad Aosta: briciole di tabacco, lembi di indumenti, resti organici di varia pezzatura e un macabro segno che non si è trattato di un incidente ma di un delitto. La vittima si chiama Leone Miccichè. È un catanese, di famiglia di imprenditori vinicoli, venuto tra le cime e i ghiacciai ad aprire una lussuosa attività turistica, insieme alla moglie Luisa Pec, un’intelligente bellezza del luogo che spicca tra le tante che stuzzicano i facili appetiti del vicequestore. Davanti al quale si aprono tre piste: la vendetta di mafia, i debiti, il delitto passionale. Quello di Schiavone è stato un trasferimento punitivo. È un poliziotto corrotto, ama la bella vita. Però ha talento. Mette un tassello dietro l’altro nell’enigma dell’inchiesta, collocandovi vite e caratteri delle persone come fossero frammenti di un puzzle. Non è un brav’uomo ma non si può non parteggiare per lui, forse per la sua vigorosa antipatia verso i luoghi comuni che ci circondano, forse perché è l’unico baluardo contro il male peggiore, la morte per mano omicida (“in natura la morte non ha colpe”), o forse per qualche altro motivo che chiude in fondo al cuore.
Recensione
La prima indagine del vice questore schiavone è stata veramente una bella lettura. Questo libro mi aspettava già da un po’ sugli scaffali della mia libreria e per caso mi sono accorta che è proprio l’inizio della serie dedicata a questo particolare personaggio uscito dalla penna di Manzini, un po’ brusco e rude, simpatico, un romano doc che spesso non segue le procedure, un personaggio quasi noir, perché si sporca le mani scassinando porte o cercando di tenere per sé una parte di un carico di marijuana sequestrato a dei malviventi.
Con lui impariamo a conoscere anche i membri della sua squadra, come il giovane Italo o D’Intino che lo infastidisce con le sue stupidaggini e la sua sbadataggine. Ma impariamo anche ad affezionarci a Marina, la moglie con la quale continua a parlare nonostante sia morta da quattro anni.
La città di Aosta sembra andare stretta a Schiavone, che ogni tanto ricorda con nostalgia Roma, la città eterna, con il suo clima mite, con i suoi colori dorati, i suoi ristoranti e i suoi amici d’infanzia.
Anche il cielo che cambia all’improvviso o la neve che ricopre tutto con il suo candido manto hanno un certo fascino sul poliziotto, che cacciato dalla sua città per punizione cerca di rifarsi una vita e di mettere a frutto le sue doti e il suo intuito.