Recensione. La notte si avvicina

Sinossi ufficiale

2008: l’anno della svolta, l’anno della grande crisi economica, l’anno dove il disinteresse per il mondo segna il culmine. Un piccolo paese isolato, circondato da militari che impediscono di entrare e uscire, popolato da persone incerte, impaurite, rabbiose: una scena che abbiamo visto nelle cronache è l’avvio di questo romanzo che Loredana Lipperini ha cominciato a scrivere quattro anni fa a Lampedusa, ben prima delle recenti afflizioni. Perché il tema della malattia implacabile attraversa la storia ed è fonte letteraria potente. La notte si avvicina ha dalla sua l’originalità della declinazione al femminile: anche le streghe, come le epidemie, attraversano la storia, e in questo romanzo ce ne sono tante. Le mamme feroci che inducono i servizi sociali a interessarsi troppo a Maria e ai suoi figli fino a farli allontanare e a condannarla a una vita di mancanze. Chiara, sola e smarrita nel suo mondo disseminato di presagi, sogni, visioni di travi, fruste, angeli punitivi. L’ignoranza che si muta in ferocia: cimiteri sventrati, case incendiate, come se il fuoco potesse sanare tutto con la distruzione. Saretta, settant’anni, forte e ampia come una Grande Madre, con le sue complicità d’ombra, i misteri, e il dominio assoluto su Vallescura, il paese “noioso e grasso e poco ospitale” già segnato dal terremoto, che sembra respingere i nuovi arrivati per preservare il suo segreto, e come un magnete attira a sé il male. Il male antico, che s’incarna nella malattia, e il male del mondo, dei delitti irrisolti, delle stragi: un tema caro all’autrice che qui s’intreccia con gli incubi del soprannaturale e costringe il lettore a un corpo a corpo con la paura.

Recensione

“Un paese sopravvive solo soltanto se non si contamina, se non ci sono stranieri che lo turbano.”

Il romanzo parla di una pandemia ed è uscito proprio nell’anno del covid, facendo balenare forse il sospetto di volersi ricollegare a questo terribile fatto di attualità, ma in realtà l’autrice ha affermato che le scene descritte sono state realizzate tutte negli anni precedenti, “perché la peste fa parte della nostra storia, e per quanto cambi il mondo, difficilmente mutano le nostre reazioni.“

Un piccolo paesino di montagna nelle Marche, una strana epidemia, una febbre che brucia dentro e uccide le persone e la ricerca di un segno, di un capro espiatorio a cui addossare tutta la colpa di quello che è successo. Un libro in cui le donne hanno un ruolo importante, donne come Maria a cui sono stati strappati i figli e che si è trasferita in questo piccolo paesino di montagna, come Saretta, una donna del luogo forte e decisa a mantenere l’incolumità del suo paese, come Chiara che ha sogni e strane visioni

Leggere di pandemia in questo periodo in cui il virus ancora uccide e fa paura non è mai piacevole ma il libro non parla solo di questo, parla anche e soprattutto di donne, temute per la loro solitudine, per la loro posizione, per la loro stranezza, donne che in qualche modo cercano di nascondersi, di farsi valere o di trovare una soluzione ai problemi, donne sulle cui spalle si abbatte il peso del mondo e che nonostante tutto cercheranno di portarlo nel modo più dignitoso possibile.

Era da un po’ che questo libro mi aspettava sugli scaffali della mia libreria e sono stata davvero felice di aver avuto il tempo, in questi giorni in cui sono a casa con l’influenza, per leggerlo. A tratti è stata una lettura faticosa e dolorosa, per la paura che la morte suscita in ognuno di noi, ma è stato anche un bel viaggio nell’animo forte e resiliente delle donne, nella loro capacità di accogliere che a volte riesce anche a superare quella di respingere.

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