Nuove uscite in libreria Sellerio

Negli anni dai Venti ai Cinquanta del secolo scorso, il banale appartamento in via Polara 5 al secondo piano non era solo il sito ove i componenti di una nutrita famiglia abitavano, amavano, godevano, nascevano, odiavano, soffrivano e spiravano. Era base, porto, rifugio e simbolo per tre generazioni di una tribù. In quel microcosmo, ogni vicenda era collettiva, regolata dai crismi precisi e immutabili di un sistema solare. Nel fulcro sedeva il gran capo commendatore Giorgio Mandalà, circondato da un nucleo stanziale: moglie Mimì Traina, figlie, figli e servetta. Nella contigua orbita fluttuavano tasselli del clan accasati e formalmente residenti altrove, in pratica sempre presenti, con coniugi e figlioletti: i niputeddi. Su traiettorie più distanti gravitavano cognati, compari, consuoceri, cugini e zii. Più fuori ancora ruotavano parenti di mè parenti chi a mmia un mi vennu nenti, lontani congiunti. Nella cerchia esterna balenavano frequentatori a vario titolo: amici, attuppanti (tappabuchi), compaesani, divuteddi, parrucciani, papas arbëreshë e preti latini. La casa giocava un ruolo fondamentale. Ogni angolo, arredo, mobile, parete o suppellettile brillava di luce propria. Emanava specifici odori. Produceva rumori inconfondibili, associati a sensazioni e vicende precise. Il contenitore era vivente, attivo protagonista, accanto agli umani che lo popolavano, di una storia che si annunciava eterna, ma che fece una volata, bruciando in pochi anni, per dissolversi nel nulla e nel rimpianto di ciò che fu. I giorni non avevano fine. Fitti di avvenimenti spesso ripetitivi, ma diversamente colorati e ricchi di emozioni. Oggi il tempo è usa e getta. Nasce frettolosamente, già vecchio». L’originalità di questo libro di «gente e storie», rispetto a una normale cronologia di ricordi, è che non vi sono comparse. Decine di persone, tante avventure, ma ognuno è il protagonista della sua scena compiuta, tragica o comica. Frammenti del grande mosaico della vita che diventano una sola trama in cui risalta il filo unico. Sono lo specchio della grande biodiversità umana, che nessuno temeva di esibire prima della grande omologazione. E dimostrano l’importanza emotiva in noi della favola del passato.
Ma soprattutto il vero protagonista, che queste pagine rievocano, è il tempo, eterno, reiterato ma non noioso.

Sulle rive del grande fiume Tigri, nel sud dell’Iraq, una ragazza si accorge di essere incinta. La più grave delle colpe: ha fatto l’amore («il nostro unico rapporto», e nemmeno è stato bello) prima del matrimonio con il suo fidanzato, morto in guerra subito dopo. E adesso sa che deve morire, lo vuole la famiglia, la tradizione e il dominio maschile. «L’onore è più importante della vita. Da noi, è meglio una ragazza morta che una ragazza-madre». Non conta nemmeno, contro l’implacabilità della condanna, l’affetto che pure non manca dei fratelli, o la pietà di qualcuno di essi.
Questa attesa della morte è descritta in prima persona dalla giovane «impura». E il suo racconto, che si intenerisce a rievocare un passato più felice, è anche una condanna della incomprensibile guerra portata da fuori, e delle inutili umiliazioni che i «biondi» occupanti sprezzanti impongono agli abitanti.
Da coro le fanno i familiari tutti, dalla madre alla piccola sorellina, passando per il fratello che sarà l’assassino e per l’altro fratello «modernista». Costoro spiegano, ciascuno dalla propria posizione, le allucinanti e realistiche motivazioni di un’esecuzione femminicida.
Scritto da un’autrice giovanissima, questo è un libro di rabbia e di tristezza.
Con l’incedere crescente di una tragedia antica, fa vivere il conflitto tra una persona umana autentica e la crudeltà inesorabile della tradizione dominante; ma è anche l’addio commovente di una ragazzina che vuole continuare a vivere ma non potrà per colpa di un regime secolare di sottomissione.

Giulio, detto Maigret perché delle inchieste del commissario è un accanito collezionista, vive nella tenuta dei San Vittore. Il padre è il fattore della proprietà, la madre è un’esperta cuoca. Di fronte a ogni evento, Giulio-Maigret si domanda come si comporterebbe il commissario, rimane sempre vigile e non perde mai il senso di realtà. Un giorno, un po’ per l’incertezza dell’alba invernale, un po’ per la noia imperante, il piccolo Maigret non riesce più a sottrarsi alla sensazione di un vero mistero. Un uomo ha buttato qualcosa di ingombrante nel canale, proprio in prossimità della chiusa; e quell’uomo è salito sullo stesso pull-man che sta portando Giulio a scuola. Giulio-Maigret dimenticherebbe, ma da quel momento i fatti, le coincidenze lo incalzano: insomma, proprio come accade al vero Maigret, nella banale atmosfera quotidiana ha luogo il delitto e si accende l’intuito.
Un Francesco Recami sempre ironico mescola realtà e letteratura e firma un giallo in grado di appassionare lettori giovani e amanti del genere di tutte le età.

Una giovane studentessa viene assassinata nella foresta di Bainem, alle porte di Algeri. A dirigere l’inchiesta è chiamata Nora Bilal, una donna onesta e combattiva che ha scelto di ignorare il pericolo che si corre in una società governata da squali e predatori. Nora si trova ad affrontare uno degli «intoccabili» che controllano l’Algeria di oggi in ogni settore, figure di potere che mai vengono menzionate ma che tutti conoscono. Inizia così un viaggio nel lato oscuro di un paese stremato dalla corruzione, afflitto dall’ingordigia della classe dirigente e dei suoi complici. Khadra reinventa ancora una volta la narrazione di genere, unendo le caratteristiche del romanzo noir a una denuncia e a una chiamata alle armi. La scrittura, lirica e incisiva, crea un’atmosfera tesa e soffocante, in cui accanto ai protagonisti emerge il coro di quei cittadini anonimi che sognano la giustizia, un risanamento delle istituzioni, l’avvento di nuovi ideali.

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