Recensione. Il grande sonno

Sinossi ufficiale

È sempre l’ultimo incarico, per Philip Marlowe. Ma quello che gli abbiamo affidato stavolta, forse, è il più delicato. Sì, perché deve prendere tutto il décor e tutti i ferri del suo mestiere – le palme e il vento caldo di Los Angeles, la penombra minacciosa di interni sfarzosi e lo sfarfallio dell’acqua nelle piscine, il crepitio delle pistole e quello ancora più letale dei lamé –, aggiungerci il suo fuori campo inconfondibile, e rimetterli al posto delle storie spesso ovvie raccontate da migliaia di suoi epigoni, in quell’universo narrativo opaco cui è stato attribuito d’ufficio un nome che non gli apparteneva: il noir. Sì, stavolta Marlowe deve riportare le lancette all’anno in cui tutto è cominciato, il 1939, e al luogo da cui tutto il resto ha tratto origine: questo romanzo. E per fortuna tutto fa pensare che ci riuscirà – o che fallirà magnificamente, come solo lui avrebbe potuto.

Recensione

“Cosa importa dove si giace quando si è morti? In fondo a uno stagno melmoso o in un mausoleo di marmo alla sommità di una collina? Si è morti, si dorme il grande sonno a ci se ne fotte di certe miserie. L’acqua putrida e il petrolio sono come l’aria per noi. Si dorme il grande sonno senza preoccuparsi di essere morti male, di essere caduti nel letame.”

Questo è il primo libro in cui comprare il detective privato Philip Marlowe, un tipo dai modi spicci, un grande fumatore, bevitore di whisky a tutte le ore, uno che non va tanto per il sottile quando si tratta di seguire gli indizi e di scavare nel torbido.

Le ambientazioni del libro sono fantastiche: Chandler descrive una fumosa Los Angeles degli anni ‘30 piena di tipi loschi, gangster senza scrupoli , ricche ereditiere allo sbando. Tra boulevard e vicoli buii, Marlowe si destreggia tra ricatti e sparatorie narrate con uno stile tagliente e rapido, che ci cattura dalla prima all’ultima pagina.

Un grande libro hard boiled, una pietra miliare del genere.

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