
Irène Némirovsky» ha scritto Pietro Citati «possedeva i doni del grande romanziere, come se Tolstoj, Dostoevskij, Balzac, Flaubert, Turgenev le fossero accanto e le guidassero la mano». Per tutti coloro che dal 2005 (anno della pubblicazione di Suite francese in Italia) hanno scoperto, e amato, le sue opere, questo libro sarà una sorpresa e un dono: perché potranno finalmente leggere la «seconda versione» – dattiloscritta dal marito, corretta a mano da lei e contenente quattro capitoli nuovi e molti altri profondamente rimaneggiati – del primo dei cinque movimenti di quella grande sinfonia, rimasta incompiuta, a cui stava lavorando nel luglio del 1942, quando fu arrestata, per poi essere deportata ad Auschwitz. Una versione inedita, e differente da quella, manoscritta, che le due figlie bambine si trascinarono dietro nella loro fuga attraverso la Francia occupata, e che molti anni dopo una delle due, Denise, avrebbe devotamente decifrato. Qui, nel narrare l’esodo caotico del giugno 1940, e le vicende dei tanti personaggi di cui traccia il destino nel suo ambizioso affresco – piccoli e grandi borghesi, cortigiane di alto bordo, madri egoiste o eroiche, intellettuali vanesi, uomini politici, contadini, soldati –, Némirovsky elimina tutte le fioriture, asciuga e compatta; non solo: ricorrendo alla tecnica del montaggio cinematografico, limitandosi a «dipingere, descrivere», sopprimendo ogni riflessione e ogni giudizio, conferisce a questo allegro con brio un ritmo più sostenuto – e riesce a trattare la «lava incandescente» che ne costituisce la materia con una pungente, amara comicità.

Solo in certe narrazioni ucronico-distopiche la seconda guerra mondiale viene vinta dalle forze dell’Asse. Ma forse, se la Germania e i suoi alleati fossero giunti a disporre della bomba atomica, l’esito sarebbe stato proprio questo. Non a caso, almeno sino a una certa fase del conflitto, gli Stati Uniti considerarono tale scenario tanto realistico da prestarvi un’attenzione quasi ossessiva, e si spinsero a indagare gli sviluppi del nucleare tedesco con una specifica missione, l’Operazione Alsos. Non meno decisiva che misconosciuta, quella missione viene ora raccontata da Sam Kean, che ne ricostruisce il contesto strategico e scientifico e, soprattutto, evoca con vividezza il team che la guidava: una «brigata» eterogenea e intraprendente composta da militari, scienziati geniali e professionisti vari convertiti in spie, il cui mandato – carpire informazioni e ostacolare i progressi dell’arma nucleare tedesca – non escludeva il ricorso a mezzi estremi, quali il sabotaggio e l’omicidio. Emerge così una galleria di figure memorabili, ognuna a suo modo eroica: dall’ex giocatore di baseball Moe Berg, poliglotta impiegato in alcune delle azioni più delicate, all’aviatore Joe Kennedy junior, fratello maggiore di John Fitzgerald; dal fisico olandese Samuel Goudsmit ai coniugi Irène e Frédéric Joliot-Curie, vincitori del Nobel nel 1935. Fra storia della fisica e spy story, Kean ci offre così il suo libro più serrato e avvincente – al punto che, per lunghi tratti, rischiamo di dimenticare la drammatica realtà storica che contribuisce a decifrare.