Recensione. Disperati giorni di Gloria. Diario tragicomico di una dipendente affettiva

Vuole la diagnosi signorina? Fratture multiple e scomposte dell’anima, compatibili con la fine di un amore o con un volo di dieci metri dal tetto dei sogni infranti. Prognosi? Riservata (alias, siamo nelle mani del destino).

Sinossi ufficiale

Hai presente quando la crisi d’astinenza per un amore finito ti fa stare talmente male che hai bisogno di un qualunque modo per evitare di renderti ridicola richiamando l’uomo che ti ha frantumato il cuore e poi ci è passato sopra col carrarmato?

È da qui che parte il “diario tragicomico” di Gloria: trentanove anni, romana, separata, due figli, un mutuo ventennale sul groppone e un lavoro precario come copywriter freelance.

Ha conosciuto Alessandro nella sala d’attesa di uno studio medico e da lì è partito tutto: la classica storia dai contorni da favola che poi, invece, si rivela un incubo.

Dopo mesi di montagne russe, decide di dare un taglio netto a quell’amore impossibile e di affrontare il suo vero “demone”: la dipendenza affettiva.

Per farlo si affida ai pochi, ma buoni, amici che le vogliono bene e a una psicologa che le prescrive strani esercizi paradosso. Grazie a un’autoironia che non l’abbandona mai, Gloria inizia a riemergere. E forse è pronta a scrivere un nuovo capitolo della sua vita.

Recensione

La protagonista ha 38 anni, due figli adolescenti avuti in tenera età, Un contratto a tempo determinato appena concluso e una separazione fresca alle spalle con Ale, un uomo dal quale non è facile per lei allontanarsi.

Con un’ottima dose di autoironia, la protagonista si racconta in questo “diario della disperazione” nel momento peggiore della sua vita: sta cercando di uscire da una storia appena conclusa, una storia nella quale si è data completamente all’uomo che amava e adesso si rende conto che per lui era stata poco più di niente. Questa consapevolezza la distrugge e non sa come uscire da questo pantano emotivo in cui si trova. Poi pian piano il dolore viene meno, la sorda disperazione dei primi giorni si stempera, impariamo a convivere con l’assenza della persona che abbiamo amato., cominciamo ad avere pensieri diversi da quelli ossessivi legati al ricordo dell’amore provato.

Tra tentazioni di chiamare e attesa di un messaggio che non arriverà mai, serate in casa a mangiare gelato e guardare infinite serie tv su netflix, evitando qualsiasi proposta di uscire e vedere gente, in una sorta di autocommiserazione compiaciuta, Gloria va avanti, supera il dolore e torna a vivere, piano piano .

Nel suo diario ripercorre anche la sua storia con Ale: Molti direbbero che fin dall’inizio avrebbe dovuto capire che si stava imbarcando in una situazione che l’avrebbe alla fine devastata, soprattutto perché lui aveva ammesso di amarla , aggiungendo che questo però era quello che provava nel momento presente e che non era un sentimento a tempo indeterminato. Ma Gloria comunque si getta a capofitto in questa storia d’amore totalizzante, che dura solo sette mesi ma che le strappa il fiato, che la fa andare sulle montagne russe, tra alti e bassi continui. Forse si innamora di Ale solo perché questo sentimento la fa sentire viva, dopo tanto tempo, si accontenta di un amore a tempo determinato perché le permette di provare delle emozioni.

È stata una lettura molto coinvolgente, divertente ma nel contempo anche amara perché fa riflettere sul fatto che a volte ci buttiamo nelle storie d’amore senza una rete di protezione, non ci accorgiamo che ci stiamo facendo del male, che il nostro sentimento non è corrisposto fino in fondo, che stiamo dando più di quello che riceviamo in cambio e allora in questo caso dovremmo saper lasciare andare, pur sapendo che soffriremo, ma almeno non continueremo a stare in una storia che non meritiamo.

Estratti

«Devo dirti una cosa, però non è a tempo indeterminato». Pausa. Suspense. «Ti amo. Adesso, in questo momento. Tra un’ora non lo so». Già… tu sei così, non mi hai mai illuso, non hai mai alimentato speranze, non hai mai fatto promesse che sapevi di non poter mantenere, e di questo ti ringrazio amore mio, che sarai sempre mio senza esserlo mai. Prendere o lasciare, e io ho deciso di prendere, di rimanere, anche se sapevo che sarebbe arrivato il momento di tornarsene a casa, come Vivian o come Cenerentola dopo il ballo. Ma proprio come loro, anche io non sono più la stessa che ero all’inizio della storia. Diversa, cambiata o semplicemente ritrovata, anche grazie a te. Mi prendo questi pochi provvisori attimi che ci siamo concessi e che mi farò bastare. Ti sono grata perché mi hai dato il coraggio di guardarmi dentro e di capire che non stavo vivendo la vita che volevo. Ora non posso più fare finta di niente. Ora lo so cosa voglio e non posso più tornare indietro, ma solo andare avanti col coraggio di essere sempre autentica, di volermi bene, di non accontentarmi, di onorare la mia vita anche a costo di soffrire, di vivere momenti di momentanea solitudine o separazioni dolorose come questa.

Ognuno trova il suo modo per affrontare il dolore. Il mio è tenere il diario della disperazione. Che dolore è? Dolore per la perditadi un sogno che all’improvviso viene meno, sparisce dal campo visivo, lasciando un macigno nel cuore, un groppo in gola e una pesantezza alla bocca dello stomaco. C’è chi pensa che liberare tutte le lacrime di cui siamo fatti possa accorciare la strada d el dolore o avvicinarci di più al sé forte e coraggioso che vorremmo essere ma che ancora non siamo. Nel frattempo l’assenza domina tutto: la mente, l’aria che respiri, la musica che ascolti in macchina e che ti fa piangere a prescindere, il sole che sorge, il sole che tramonta. Il silenzio si prende tutto e lo rivomita sotto forma di gocce per dormire, frastuoni per stordirsi, libri per trovare le parole giuste per sfuggire a un dolore a cui tanto, lo sai, non ti puoi sottrarre. Lo devi affrontare tutto quel dolore, passarci attraverso, di lato e di fronte, odiandoti per l’illusa che sei, e odiando il mondo intero solo perché osa continuare a girare mentre tu riesci solo a buttarti sul letto come una bambola di pezza a cui hanno tolto l’anima e il sorriso. E se ti guardi da fuori ti metti persino a ridere, provi tenerezza per quei trentotto anni di vita in cui ne hai vissute di ben peggiori.

Non ho voglia di uomini intorno, non ho voglia di scendere a compromessi per “il bene della coppia”, non voglio condividere la mia penosa routine quotidiana con nessuno se non con me stessa. L’unico uomo col quale avrei provato a mettere in discussione le mie teorie e a mitigare il mio innato bisogno di indipendenza, non mi ha voluta. Fine della storia.

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