Nuove uscite Adelphi

«Voi sezionate gli animali e io li studio vivi. Voi ne fate un oggetto che ispira orrore e pietà, mentre io li faccio amare. Voi lavorate in laboratori di torture, io conduco le mie indagini sotto l’azzurro del cielo, al canto delle cicale. Voi sottoponete la cellula e il protoplasma ai reagenti, io studio l’istinto nelle sue espressioni più alte. Voi scrutate la morte, io osservo la vita. Ma vorrei dire di più: come i cinghiali hanno intorbidato la limpida acqua delle fonti, la storia naturale, questo meraviglioso studio delle prime età, a forza di perfezionamenti è diventata cosa odiosa e respingente. E se scrivo per gli scienziati e per i filosofi, che un giorno tenteranno di gettare luce sull’arduo problema dell’istinto, scrivo anche e soprattutto per i giovani, ai quali vorrei tanto far amare questa storia naturale, che voi invece riuscite solo a fare odiare».

«ELEFANTI BIANCHI: il dio di Hollywood esigeva elefanti bianchi e gli furono dati – otto mastodonti di gesso, appollaiati su piedistalli a megafungo, che sovrastavano l’immensa corte di Belshazzar, la Babilonia di cartapesta costruita ai margini della vecchia pista polverosa chiamata Sunset Boulevard. Griffith, il regista, nei panni di Dio, dominava dall’alto – un’altezza che non avrebbe mai più raggiunta – la Città dell’Illusione, sfrecciando in ascensore su per una torre di trenta metri, verso la macchina da presa, con un gigantesco megafono pronto per urlare alle moltitudini ai suoi piedi: “motore! azione!”, e dar vita a tutto quanto … L’Epoca dei Dubbi Splendori era cominciata». 

«Ho sempre considerato il cinema come qualcosa di malvagio. Il giorno in cui è stato inventato è stato un giorno nero per l’umanità».

Kiriko abbassò lo sguardo e rifletté per qualche istante. In silenzio, senza muovere un muscolo. Malgrado le linee morbide della sua figura, c’era qualcosa di inflessibile in lei, pensò l’avvocato, come fosse stata forgiata nell’acciaio.
«Capisco».
Con lo sguardo sempre abbassato fece il gesto di alzarsi. Non si mosse di scatto, ma a Ōtsuka sembrò che un’improvvisa raffica di vento lo avesse investito.
«Mi scusi per il disturbo» disse Kiriko accennando educatamente un inchino.
Ōtsuka si sentì improvvisamente a disagio, ma finse che tutto fosse normale e l’accompagnò all’uscita.
Sulla porta, lei aggiunse sottovoce: «Avvocato, mio fratello rischia la pena di morte». Poi scese le scale senza voltarsi indietro e la sua figura candida svanì nella penombra.

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