Recensione. Chocolat

Sinossi ufficiale

A Lansquenet, quieto villaggio al centro della Francia, la vita scorre placida. Un po’ troppo placida: è una comunità chiusa, dove sono rimasti soprattutto anziani contadini e artigiani, dominata con rude benevolenza dal giovane curato Francis Reynaud. È martedì grasso – una tradizione pagana avversata dalla chiesa – quando nel villaggio arrivano Vianne Rocher e la sua giovane figlia Anouk. La donna è assai simpatica e originale, sexy e misteriosa, forse è remissaria di potenze superiori (o magari inferiori). Vianne rileva una vecchia pasticceria, ribattezzata “La Celeste Praline”, che ben presto diviene – agli occhi del curato – un elemento di disordine. Anche perché Vianne non frequenta la chiesa ma inizia ad aiutare a modo suo chi si trova in difficoltà: il solitario maestro in pensione Guillaume, l’adolescente ribelle Jeannot, la cleptomane Josephine, l’eccentrica Armande. Ben presto il tranquillo villaggio diventa più disordinato, ribelle e soprattutto felice. E lo scontro tra Benpensanti e Golosi, tra le delizie terrestri offerte da Vianne e quelle celesti promesse da padre Reynaud, tra Carnevale e Quaresima, diventa inevitabile.

Recensione

Vianne Rocher e la figlia Anouk sono una macchia di colore tra gli abitanti scialbi e scuri di Lansquenet-sous-Tannes , la città nella quale si sono trasferite

La sua narrazione in prima persona si alterna con quella del parroco, che vede in lei una nemica, un ostacolo alle sue prediche sulla necessità di fare penitenza durante il periodo della Quaresima. Il parroco va regolarmente a far visita al suo predecessore, costretto in un letto d’ospedale in stato di semi incoscienza e si lamenta di non riuscire ad essere amato dai suoi parrocchiani. Inoltre è molto infastidito dall’apertura di una cioccolateria artigianale proprio in tempo di Quaresima, una tentazione alla quale i suoi compaesani non riescono a sottrarsi.

Vianne ha imparato dalla madre l’amore per i posti nuovi, lo spirito vagabondo degli zingari che ci ha portato in tutta Europa e anche più lontano: un anno a Budapest, un altro a Praga, sei mesi a Roma, quattro ad Atene, e poi attraverso le Alpi fino a Monaco, quindi lungo la costa: Cannes, Marsiglia, Barcellona..
Scappare in continuazione da un luogo all’altro lascia sempre un po’ d’angoscia e quasi quasi vorrebbe sapere com’è guardare l’orizzonte sempre dallo stesso punto Per 5 10 o 20 anni.


Un romanzo corale morbido e avvolgente profumato di cioccolata e cannella, perfetto per l’autunno .

Estratti

“L’aria è calda e densa dell’aroma di cioccolato. Abbastanza diversa dalla leggera cioccolata polverosa che conoscevo da bambino, questa ha una pienezza di gola come i grani di caffè della bancarella del mercato, una fragranza di amaretto e tiramisù, un gusto di bruciato che penetra in bocca e mi fa venire l’acquolina. C’è un bricco d’argento di quella roba sul banco, dal quale si innalza del vapore”

“Se guardo la chocolaterie aldilà della piazza, la sua vetrina colorata, i vasi di gerani rosa, rossi e arancioni sui balconi e ai due lati della porta, sento l’infido insinuarsi del dubbio nella mia mente, e l’acquolina mi riempie la bocca al ricordo del suo profumo, panna e zucchero caramellato e l’inebriante miscela di cognac e di chicchi di cacao appena macinati. È il profumo dei capelli di una donna, proprio dove la nuca si unisce al tenero incavo della testa, il profumo di albicocche maturate al sole, di brioches calde e di paste alla cannella, di tè al limone e di mughetto. È un incenso sparso nel vento che si stende morbido come il drappo di una rivolta, è una traccia del diavolo, non sulfurea come ci avevano insegnato da bambini, ma il profumo più lieve, il più evocativo, un’essenza composta da mille spezie, che fa intronare la testa e librare lo spirito. Mi ritrovo fuori Saint Jérôme, la testa alzata nel vento, nello sforzo di cogliere una traccia di quel profumo. Inonda i miei sogni, e mi sveglio sudato e affamato. Nei sogni mi rimpinzo di cioccolatini, mi rotolo nella cioccolata, e la loro consistenza non è friabile, ma morbida come carne, come migliaia di labbra sul mio corpo, che mi divorano a piccoli morsi palpitanti. Morire a causa della loro tenera ingordigia mi sembra il culmine di tutte le tentazioni che abbia conosciuto, e in quei momenti posso quasi capire Armande Voizin, che rischia la vita a ogni boccone rapito. Ho detto quasi.”

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