Novità in libreria Adelphi

Il mondo della pittura di icone, che Florenskij – soggiogante figura di mistico, filosofo, matematico e teologo, quale poteva apparire soltanto in quella prodiga fioritura di genialità che si ebbe in Russia nei primi anni del secolo scorso – ci svela in queste pagine, rimarrebbe per sempre incomprensibile se lo si avvicinasse con i consueti strumenti della critica d’arte. Esente dalla prospettiva, incompatibile con la concezione della pittura dominante in Occidente dal Rinascimento in poi, l’icona presuppone una metafisica delle immagini e della luce. Ed è a questa metafisica che Florenskij ci introduce, scendendo poi in analisi storiche acutissime, che svariano dalla pittura fiamminga alle tecniche della preparazione dei colori, dalle forme dei panneggi al significato dell’oro e al nesso fra le icone e la liturgia della Chiesa orientale. Accompagnati da questa guida incomparabile, possiamo così finalmente varcare le «porte regali» dell’iconostasi, «confine tra mondo visibile e mondo invisibile», luogo dove si manifesta una pittura sublime, in cui le cose sono «come prodotte dalla luce».

«Certo, scrivo questa relazione per amore dell’ordine, per una sorta di pedanteria, perché venga messa agli atti. Voglio costringermi a esaminare ancora una volta gli eventi che hanno portato all’assoluzione di un assassino e alla morte di un innocente. Voglio tornare a riflettere sui passi che sono stato indotto a fare, sulle misure che ho preso, sulle possibilità che sono state trascurate. Ancora una volta voglio sondare scrupolosamente le probabilità che forse restano alla giustizia».

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