
Buon sabato #lettoridiInstagram e benvenuti al consueto appuntamento con gli incipit dei libri che sto leggendo. Oggi vi propongo l’inizio di un testo che ho letto questa settimana e che mi ha stregato, Benedetto sia il padre la cui copia cartacea mi è stata gentilmente offerta dall’autrice @rosaventrella.
11 dicembre 2002
Ho accettato di rivedere Marco nel nostro ristorantino preferito, al Testaccio.
«Ti devo parlare» mi ha detto, e non ce l’ho fatta a dirgli di no.
Attraverso il centro con passo lento, zigzagando tra i musicisti ambulanti, i mercatini natalizi, intenta a rimestare tra i pensieri, a ripescare i momenti della mia vita in cui sono stata davvero felice. In un vicolo gli accordi di un pianoforte riempiono l’aria di note tristi che si insinuano nelle viscere e poi risalgono fuori. Mi fermo a osservare la facciata del ristorante. Il tetto riflette la luce e abbaglia come fosse d’oro mentre, sulle mura imbiancate a calce, la porta azzurra e le finestrelle tonde sembrano una bocca e due piccoli occhi. Aspetto a entrare, perché sento nella pancia un nodo duro e secco, un dolore vago, antico e nuovo. “Rose, è finita” mi dico fissandomi a fondo nella vetrina, “tu non sei come tua madre. Tu hai saputo dire basta.”
Non sono più Rosa, nemmeno più Rosè. Adesso sono Rose. Adesso cambia tutto. Marilyn mi chiamava Rose. Un giorno di tanto tempo fa mi aveva detto che era un nome raffinato, che le ricordava certi salotti eleganti.