Nuove uscite in libreria dal 7 al 13 giugno

Inquieta, indomabile. Ma anche indifesa, brutalmente sincera, forse pure un po’ antipatica. Questa è Anita: una donna come tante che somiglia solo a se stessa. Nel lavoro ha successo, è una giornalista affermata, ma in amore colleziona disastri. L’ultimo in ordine di tempo si chiama Marco, «nessun segno particolare, non un tatuaggio, non un piercing alle orecchie, al naso, niente. La faccia di uno che non attira l’attenzione. Piaceva a tutti, non se lo ricordava nessuno». Lei però se lo ricorda bene. Ricorda quando lui l’ha fatta ridere per la prima volta, sotto un cielo blu di Prussia, con un gin tonic in mano e la testa leggera leggera. Ricorda le caffettiere che preparava solo per lei, per non farle mancare la colazione. Ma ricorda anche i silenzi terribili, carichi di risentimento, con cui la chiudeva fuori dal suo mondo senza darle spiegazioni. Perché ogni storia d’amore è così: per comprenderla tutta, bisogna cominciare dalla fine. E adesso che anche con Marco è finita, dopo tante tempeste e uomini sbagliati, Anita desidera soltanto salvarsi il cuore, metterlo al sicuro. Per curare l’anima dalle ferite del passato e abbracciare, finalmente, la scatola nera delle sue emozioni.

La buffa storia della tartaruga del poeta Marino Moretti, i lampi della Resistenza e il buio del dopoguerra, cronache di morti annunciate e pennellate di realismo magico. In questo libro, Francesco Guccini ha raccolto alcuni dei suoi migliori racconti, testi difficili da recuperare o, in alcuni casi, del tutto introvabili. Una raccolta di rarità che trasporta i lettori in un viaggio che va dai familiari scenari dell’Appennino tosco-emiliano a quelli, più inattesi, di un antico regno di fiaba. Un libro per inoltrarsi tra gli echi del passato e l’urgenza del presente, presi per mano dalle evocative illustrazioni di Franco Matticchio.

Quando Selvaggia arriva a Firenze ha vent’anni e un passato scomodo. È scappata portando con sé solo un bagaglio di dilemmi e irrequietezza, per vivere appieno quelli che è convinta saranno gli ultimi anni della sua vita. Jules è francese, ama suonare la chitarra di notte a cavalcioni sul terrazzo e ogni giorno cambia itinerario, alla ricerca dell’inaspettato. Che puntualmente arriva, per entrambi, la sera del 24 ottobre 2009, in una serata tra amici, musica e blackout. Selvaggia e Jules non sanno cosa li aspetta, ma il destino ha già deciso per loro. E quando la vita li metterà di fronte alla prova più dura, proprio nel momento che per tutti gli altri è il più sbagliato, Selvaggia e Jules decideranno di seguire il proprio istinto e partire per realizzare quello che devono a se stessi, un’avventura schietta e tenera come la verità, nata da una promessa scambiata all’alba: qualsiasi cosa accadrà, non smetteranno mai di credere alla magia di quella sera.

Non sempre nascere con un dono è un vantaggio, di certo è una responsabilità. Mio è una giovane donna dallo sguardo speciale: i suoi occhi sono capaci di cogliere ogni minima sfumatura e dare un nome a tutte le tonalità, soprattutto quelle invisibili. Nell’atelier dove la sua famiglia cuce e ricama kimono nuziali con gesti preziosi tramandati da generazioni, ha imparato fin da piccola la potenza dei dettagli, scoprendo in segreto le vite nascoste dei colori. Ma a custodire un segreto, in questa storia, non è la sola. Aoi possiede la sensibilità rara di capire a prima vista chi ha di fronte: la sua agenzia organizza cerimonie funebri, e lui – allo stesso modo di un mago – sa sempre come accompagnare i vivi e i morti nel giorno piú buio. Quando i loro destini s’incrociano in una mattina qualsiasi, Mio e Aoi si specchiano l’una nell’altro come due colori complementari. Sarebbe tutto perfetto, se non fosse che il loro incontro non è stato casuale: ancora non lo sanno, ma le loro esistenze stanno per entrare in collisione. Laura Imai Messina sa raccontare il potere magico delle cose di tutti i giorni, fa scintillare le coincidenze, anima le storie come in una danza da cui si sprigiona, semplicemente, il prodigio dello stare al mondo. E il Giappone, luogo di tutte le contraddizioni, è l’alambicco ideale di questo incantesimo. Cosí per le strade di Tōkyō, città da sempre scagliata verso il futuro, si celebrano ogni giorno le antiche pratiche di una cultura millenaria, i rituali dei matrimoni e dei funerali, le cerimonie del passaggio. Le vite nascoste dei colori – una fiaba metropolitana capace di ammaliare il lettore – ci fa conoscere la forza dell’amore tra due figure indimenticabili e opposte. Due personaggi unici, legati a doppio filo da un nodo di meraviglia che aspetta soltanto di manifestarsi.

Matthew Keating è un ex Navy Seal, ma soprattutto è l’ex presidente degli Stati Uniti, un uomo che ha sempre difeso il suo Paese con la stessa tenacia con cui ha protetto i suoi cari. Ora però è lui, sotto attacco. Un criminale psicopatico ha rapito la figlia adolescente di Keating, Melanie, trasformando la paura più profonda di ogni genitore in una questione di sicurezza nazionale. Mentre tutto il mondo segue la vicenda in tempo reale, Keating si imbarca in una missione speciale in cui il suo addestramento da Seal potrebbe rivelarsi più essenziale di tutto il potere, le amicizie e l’acume politico acquisito come presidente. Un’azione ad altissimo rischio che metterà alla prova i suoi punti di forza come leader, come guerriero e come padre.

Bartolomeo Rebaudengo e Ardelia Spinola sono una strana coppia. Commissario in pensione lui, pacato, cortese e incline solo al vizio di gola; schietta e ruvida lei, che di mestiere fa il medico legale. Amici da una vita ed ex amanti, non smettono mai di punzecchiarsi, ma insieme sono formidabili. Se c’è un segreto da svelare, un pettegolezzo da confidare, una voce da riportare, la gente di Langa è a loro che si rivolge. Così succede con la telefonata della signora Costanza, di mestiere chirurgo plastico, rimasta l’unica superstite della famiglia Alfieri dopo la morte della madre, all’apparenza deceduta per un malore. Per la chirurga qualcosa non quadra, tanto più che nella villa dei genitori continua a trovare le tracce misteriose di una presenza, forse un fantasma? E, per non farsi mancare niente, anche la vicina che abita nella villa di fronte, trasformata in B&B, nutre una strana curiosità nei suoi confronti. Presto l’irresistibile coppia di investigatori si troverà coinvolta in una sequenza di eventi oscuri che si moltiplicheranno come in una reazione a catena, investendo anche il passato della stessa Ardelia.

Quando Soneri, camminando per il parco della Cittadella della sua Parma, si avvicina a un uomo riverso su una panchina, per capire se è solo un barbone addormentato o se è qualcuno che sta male, certo non immagina che sta per cominciare una delle vicende più assurde e intricate di tutta la sua carriera. L’uomo, infatti, tal Roberto Ferrari, confessa a Soneri di aver appena compiuto un omicidio. Ha ucciso un promotore finanziario che lo aveva rovinato sperperando in affari illeciti e cocaina i risparmi di una vita, che Ferrari gli aveva affidato. Apparentemente, l’indagine più rapida della storia del commissario Soneri, anche perché Ferrari fornisce tutte le prove che servono a dimostrare la sua colpevolezza: c’è la vittima, c’è il movente, c’è il reo confesso. Ma Soneri non è uomo di carte, o di tecnologie, o di impronte digitali. È un uomo di intuito, e il suo intuito gli dice che c’è qualcosa che non torna, che in questa apparente semplicità c’è qualcosa di sospetto. Non immagina quanto ha ragione.

È fine maggio, Marco e Aurora compiono dieci anni. Durante la loro festa di compleanno, Marco cade su una recinzione procurandosi un taglio profondo alla gamba. «Papà, stai con me», sussurra all’orecchio di Andrea che corre a prenderlo tra le braccia. Poche parole che riportano bruscamente alla memoria di Andrea la vicenda di Alfredino Rampi, caduto in un pozzo a sei anni, nel 1981. A giugno la famiglia si trasferisce in collina, dove l’inquietudine di Andrea cresce: Alfredino diventa un’ossessione che non lo lascia più, il mondo di tutti i giorni gli appare incomprensibile. Finché il calendario segna il 10 giugno, data della caduta. Dopo una giornata difficile, Andrea finalmente va a dormire, spegnendo la luce con un clic. E lo ritroviamo imbragato, pronto per scendere a salvare Alfredino. Laggiù – o lassù che sia, perché le coordinate spaziotemporali non hanno più senso e l’unica guida è la stella Alfecca Meridiana, perfettamente al centro del buco ormai lontano – insieme al bimbo in canottiera a righe ritrova tanti personaggi legati alla propria vita: dal vecchio punk di paese senza un braccio alla giovane organista di cui era stato innamorato, che ora suona con le mani ricoperte di muschio; dal comico ipnotico e malinconico, piantato sul palcoscenico come un albero, alla squadra di calcio dell’oratorio fatta di ragazzini a cui ora crescono profumati gelsomini sotto le ascelle. Alfredino conduce Andrea in un viaggio che si sviluppa tra deserti notturni, sfavillanti centri commerciali desolati, parchi neoclassici ricoperti di neve e stradine di periferia dai profumi mediorientali, attraverso un paese interiore più ricco, brillante e pieno di riflessi della vita vera.

È una notte d’estate del 1988, e a Torino si verifica un evento inspiegabile: il ponte Vittorio Emanuele I è completamente invaso da colonie di ragni, con lunghissime ragnatele sul parapetto che porta al santuario della Grande Madre. Quasi un prodigio, che attirerà decine di curiosi. Intanto il sostituto procuratore Francesco Scalviati si trova dalle parti del Pian del Lot, sulla scena di un crimine: una coppia di fidanzati uccisi in macchina in un luogo solitario. È il terzo, feroce omicidio che sembra imputabile alla stessa mano. Un caso cruciale e insidioso per il magistrato, in un momento particolarmente delicato della sua vita, visto che sta per diventare padre. Tra i presenti sulla scena c’è anche Leda De Almeida, giornalista investigativa con un passato traumatico in Libano, che Scalviati tenta di dissuadere dall’intraprendere un’indagine autonoma che potrebbe rivelarsi pericolosa. Ma a dare una svolta imprevista agli eventi sarà l’arrivo di Isaak Stoner, giovane e arrogante analista dell’FBI, che offre a Scalviati i nuovi potenti strumenti della criminologia, come il profiling e la teoria degli omicidi “seriali”, ancora sconosciuti in Italia. Seppur affascinato da queste idee innovative, Scalviati non riesce a fidarsi completamente del collega americano, convinto che nasconda un segreto. Nel frattempo, si avvicina il giorno del parto per sua moglie: sarà una bambina, ma i due non riescono a deciderne il nome. Proprio allora, il “mostro” colpisce di nuovo…

Sono le Idi di marzo del 44 a.C quando Ottaviano, diciottenne gracile e malaticcio ma intelligente e ambizioso quanto basta, viene a sapere che suo zio, Giulio Cesare, è stato assassinato. Il ragazzo, che da poco è stato adottato dal dittatore, è quindi l’erede designato, ma la sua scalata al potere sarà tutt’altro che lineare.
John Williams ci racconta il principato di Ottaviano Augusto e i fasti e le ambizioni dell’antica Roma attraverso un abile intreccio di epistole, documenti, diari e invenzioni letterarie da cui si scorgono i profili interiori dei tanti attori dell’epoca, i loro dissidi, le loro debolezze: l’opportunismo di Cicerone, la libertà e l’ironia di Orazio, la saggezza di Marco Agrippa, la raffinata intelligenza di Mecenate, ma soprattutto l’inquietudine di Giulia, una donna profonda e moderna, che cede alla lussuria quanto alla grazia.
In Augustus, che valse all’autore il National Book Award nel 1973, protagonista è la lingua meravigliosa di Williams che ci restituisce a pieno lo spirito della Roma augustea.
Un capolavoro della narrativa americana che, fra ricostruzione storica, finzione e perfezione stilistica, non manca mai di dialogare con il presente, e in cui la grande storia è lo spunto per riflettere sulla condizione umana, sulle lusinghe del potere e sulla solitudine di chi lo esercita.

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