Recensione. Kitchen

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Le cucine dei sogni. Ne avrò infinite. Nell’anima, nella realtà, nei viaggi. Da sola, con tanti altri, in due, in tutti i posti dove vivrò. Sì, ne avrò infinite.Capì che io non ero al centro del mondo.

Sinossi ufficiale

“Non c’è posto al mondo che io ami più della cucina…”. Così comincia il romanzo di Banana Yoshimoto, “Kitchen”. Le cucine, nuovissime e luccicanti o vecchie e vissute, riempiono i sogni della protagonista Mikage, rimasta sola al mondo dopo la morte della nonna, e rappresentano il calore di una famiglia sempre desiderata. Ma la famiglia si può non solo scegliere, ma anche inventare. Così il padre del giovane amico Yuichi può diventare o rivelarsi madre e Mikage può eleggerli come propria famiglia, in un crescendo tragicomico di ambiguità. Con questo romanzo, e il breve racconto che lo chiude, Banana Yoshimoto si è imposta all’attenzione del pubblico italiano mostrando un’immagine insolita del Giappone , con un linguaggio fresco e originale, quasi una rielaborazione letteraria dello stile dei fumetti manga.

Recensione

Partecipando al #pillolenipponichegdl, questo mese ho riletto kitchen di banana Yoshimoto, un testo che avevo già affrontato tantissimi anni fa e di cui non ricordavo quasi nulla.

Quando si legge un libro a distanza di tanti anni, succede spesso che i ricordi ad esso legati, le impressioni che aveva suscitato sono stati ormai portati via dal tempo e anche in questo caso ho avuto l’impressione di sfogliarne le pagine per la prima volta.

Il libro è formato da due racconti: Kitchen e Moonlight shadow.

Nel primo si narra la storia di una ragazzina, morbosamente attratta delle cucine, che rimane da sola dopo la morte della nonna e viene accolta in una nuova famiglia, quella dei Tanabe. C’è stato un passaggio che mi ha colpito particolarmente, cioè quello in cui si avverte lo smarrimento della protagonista Mikage di fronte all’immensità del mondo in cui si sente persa, avendo perduto la sua famiglia ed essendo rimasta completamente sola. Da un lato la vastità del mondo le da un senso di onnipotenza, perché si rende conto che davanti a lei si aprono mille possibilità, che potrebbe fare tutto ciò che vuole, ma proprio questa immensità e la molteplicità delle prospettive che le si aprono davanti la disorientano e le fanno perdere l’equilibrio.

Il passato ha lasciato Mikage alle sue spalle e per lei abbandonare tutti i ricordi e le persone che ne hanno fatto parte è molto doloroso, è un processo in cui non mai stata una parte attiva, ma ha subito piuttosto il fatto che le cose siano andate avanti da sole, che il tempo sia passato mentre lei è rimasta immobile, accettando quello che le è successo, come per esempio l’improvviso invito da parte dei Tanabe ad andare a vivere con loro.

È un romanzo breve ma molto intenso, che parla di solitudine e di coraggio. La protagonista si trova completamente solo al mondo ma all’improvviso le viene tesa una mano da un personaggio improbabile, l’ultima persona che si sarebbe aspettata di trovare sul suo cammino, un ragazzo introverso e gentile, che l’accoglie in casa sua, dove abita insieme ad una mamma molto particolare. Tra i due si instaura un legame molto forte, che resiste al tempo, ai silenzi, ai dubbi e le incertezze di entrambi, fino a quando non si trova il coraggio di aprirsi al futuro, all’idea che forse è meglio costruire insieme una vita complicata piuttosto che vivere una vita solitaria.

Il racconto breve chiude il libro, Moonlight shadow, ci porta in una dimensione onirica, magica, che parte da un evento luttuoso e triste, la perdita dell’amore della propria vita da parte della protagonista, unita alla speranza che lo spirito del suo ragazzo non sia svanito definitivamente ma che le stia ancora accanto, magari molto più vicino di quanto lei crede.

In entrambi i testi lo stile di Banana Yoshimoto si rivela fresco e innovativo, soprattutto se teniamo conto della data in cui è stato pubblicato, ossia nel 1991. La grandezza di questo libro sta nel fatto che la sua lettura risulta molto attuale ancora oggi, perché tratta tematiche universali, racconta storie e crea personaggi nei quali è facile immedesimarsi e ritrovare se stessi, le proprie paure e le proprie ansie.

Sono stata davvero felice di aver avuto la possibilità di rileggere questo libro straordinario.

L’autrice

Gruppo sanguigno A. Suo padre Ryumey Yoshimoto è un celebre poeta scrittore e critico di formazione marxista, autore, tra l’altro, di un saggio sulla figlia.
Scrive sin da piccola, e nei primi anni delle elementari è decisa a diventare scrittrice. In alcune interviste ha dichiarato che a spingerla in questa direzione potrebbe essere stato, più che l’esempio del padre, quello della sorella Sawako, di sette anni più grande, che eccelleva nel disegno. Sarebbe stata la creatività di Sawako (in seguito diventata disegnatrice di manga con lo pseudonimo di Ha-runo Yoiko) a stimolarla a cercare una propria strada.
Negli anni dell’infanzia legge molti manga. Ama in particolare quelli di Fujiko Fujio, Doraemon (“il mio primo amore”) e ObaQ. A dieci anni scopre Òshima Yumiko, famosa disegnatrice di manga, autrice fra l’altro di Shi-chigatsu nanoka ni (Accadde il 7 luglio), dove compare un personaggio di padre che assume sembianze femminili, secondo alcuni ispiratore del personaggio di Eriko (Kitchen).
A tredici anni la scoperta di Dario Argento con Suspiria,che la sconvolge. Comincia ad appassionarsi ai film del terrore.
A sedici anni legge Kawabata e Dazai. Si immerge in particolare nella lettura di quest’ultimo, divorandone ogni opera. Legge Shining di Stephen King e ne è ammaliata.
Nel 1984 si iscrive all’università, la Nihon Daigaku, alla Facoltà di studi umanistici, corso di laurea in Letteratura. Fra gli scrittori giapponesi, la interessano Tachihara Masaaki e Sakaguchi Ango, fra gli stranieri le sorelle Brontë e Françoise Sagan.
Nel 1987 si laurea: la sua tesi è il racconto Moon-light Shadow. Lavorando part-time in un campo da golf e come cameriera in un locale di Asakusa, scrive Kitchen, con il quale riceve il premio Kaien per scrittori esordienti. Per la prima volta usa lo pseudonimo “Banana” (scelto perché ama particolarmente i fiori della pianta di banano).
Kitchen diviene un best seller, vendendo oltre un milione di copie. È l’inizio della folgorante carriera di Banana e del cosiddetto “Banana gensho” (“Fenomeno Banana”).
Nel 1989 il regista Morita Yoshimitsu realizza la versione cinematografica di Kitchen. Seguirà, qualche anno più tardi, una nuova versione diretta da Ho Yim (Hong Kong, 1997). Nel 1990 esce anche il film Tsugumi, tratto dal romanzo omonimo e diretto da Ichikawa Jun.
Nel 1991 Kitchen, pubblicato in Italia da Feltrinelli, è il suo primo libro a essere tradotto in una lingua straniera. Dopo il successo italiano, viene acquistato e tradotto in oltre venti paesi. L’anno seguente Banana viene a Milano per presentare N.P. È l’inizio del suo rapporto di amicizia con l’Italia, il paese straniero al quale è più legata e che visita più spesso.
Nel 1994, lo stesso anno in cui Oe Kenzaburo riceve il Premio Nobel per la letteratura, il “Fenomeno Banana” ha acquistato una tale rilevanza internazionale che la rivista «Kaien» dedica a questo tema un numero monografico dal titolo Yoshimoto Banana nel mondo (Yoshimoto Banana no sekai). Nel 1999 comincia ad apparire a puntate su «Mari Kureru» (edizione giapponese di «Marie Claire») la sua corrispondenza via e-mail con Nara Yoshitomo.
Nel 2000 si sposa con Tahata Hiroyoshi.
Fra il 2000 e il 2001 Banana pubblica un’edizione in quattro volumi delle sue opere, scelte della stessa autrice e illustrate da Hara Masumi.
Nel 2002 esce in Giappone Itarian Banana, scritto in collaborazione da Banana e Alessandro G. Gerevini (NHK shuppan, Tòkyo).
Nel 2003 nasce il figlio di Banana.
Nel 2004, al Festival internazionale delle Letterature di Roma, legge in giapponese La felicità di Tomo-chan.
Pubblica nel 2005 L’abito di piume. Nel 2006 esce Ricordi di un vicolo cieco, seguito l’anno successivo da Il coperchio del mare. Chie-chan e io e Delfini sono rispettivamente del 2008 e del 2010. Nel 2010 pubblica Un viaggio chiamato vita e nel 2011 High & Dry. Primo amore. Nel 2014 Feltrinelli pubblica Andromeda Heights, nel 2015 Il lago, nel 2016 Il giardino segreto, nel 2017 Another world, nel 2018 Le sorelle Donguri e nel 2020 Il dolce domani.
Tra i Premi ricevuti: nel 1987 il Premio Kaien per scrittori esordienti per Kitchen; nel 1988 – Premio Izumi Kyoka sempre per Kitchen; 1988 – Premio del Ministro per la Pubblica istruzione per scrittori esordienti per Kitchen e Utakata/Sanku-chuari; 1989 – Premio Yamamoto Shugoro per Tsugumi;
1993 – Premio Scanno per N.P.; 1995 – Premio Murasaki Shikibu per Amrita;
1996 – Premio Fendissime Under 35 per Lucertola; 1999 – Premio Maschera d’Argento; 2000 – Premio Bunkamura Deux Magots per La piccola ombra.

Estratti

Capii che io non ero il centro del mondo. La quota di sofferenze nella vita non variava certo in rapporto a me. Non ero io che potevo decidere. Allora, pensai, tanto valeva godersi, per quanto era possibile, il resto.

[…] perché le persone non riescono a compiere una scelta così semplice? Perché vivono come vermi, come perdenti? Preparando da mangiare, mangiando e andando a dormire. Anche chi ama prima o poi dovrà morire. Però intanto è vivo.

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