Nuove uscite in libreria dal 19 al 25 aprile

Marta vive ogni giorno in preda a uno strano e costante senso di inafferrabilità: anche le scelte più semplici, le decisioni più ovvie sembrano sempre un passo più in là di ogni suo sforzo. Non sfugge a questa sua irrequieta condizione nemmeno l’amore, che sembra volersi arrendere allo stesso senso di inadeguatezza: mai abbastanza affascinante, mai sufficientemente intelligente, mai all’altezza o idonea a soddisfare le aspettative dei partner. Trovare il modo per ovviare a quelle che ormai ritiene siano delle sue mancanze, diventa per Marta quasi un’ossessione. La sua vita si trasforma in uno slancio sofferto, a tratti agonistico, verso la perfezione, una ricerca continua e a volte dolorosa di quell’immagine che gli altri hanno costruito su di lei, fatta di empatia, ironia, leggerezza e seduzione. Nel suo percorso verso una nuova consapevolezza, Marta scoprirà quanto sia sottile e tagliente la lama che la separa dall’etica dell’imperfezione. In questo difficile cammino il tempo sarà suo alleato. La vita, come questa storia, non è altro che una lunga battaglia contro la sindrome dell’impostore. Ritroviamo un po’ di Jane Austen e un po’ di Sally Rooney nel racconto di Marta, che parla d’amore senza mai dimenticarsi della realtà, dove, mentre ondeggiano tra lacrime e sorrisi, i personaggi si abbandonano a profonde riflessioni e a coinvolgenti momenti di autoanalisi.

Il 5 settembre, poco dopo mezzanotte, il servizio Death-Cast contatta Mateo e Rufus per dar loro una cattiva notizia: moriranno nel corso della giornata. I due ragazzi non si conoscono ma, per diverse ragioni, entrambi cercano qualcuno con cui trascorrere il loro ultimo giorno. Esiste un’app per questo: si chiama Last-Friend ed è così che Rufus e Mateo si incontrano. Entrambi sanno che il tempo a loro disposizione sta per finire. Ma non hanno nulla da perdere e resta solo da vivere tutta una vita e un amore in un giorno.

Felicità: cosa significa davvero? In cosa risiede? Da sempre il genere umano concentra i suoi sforzi per afferrarla, per coglierla tanto nel fascino delle grandi idee quando nella meraviglia delle piccole cose. Eppure, raramente si può dire di esserci riusciti. In questo libro – parte di un progetto più ampio, che comprende anche uno spettacolo teatrale dal titolo omonimo e un film documentario di Andrea Cocchi – si sceglie di provare a spiegare cosa la felicità rappresenti, al riparo da facili entusiasmi e conclusioni affrettate. La ricerca della felicità si sposa, infatti, con l’inesauribile curiosità di Simone Cristicchi, qui viaggiatore insieme al lettore, il quale, attraverso la filosofia, la meditazione e la fede, ci parla della bellezza, della vitalità, del tempo, del senso di appartenenza e di comunità, di musica e di storie.

Alcuni anni fa, nei suoi percorsi e studi da storico, Barbero ha incontrato una storia che non poteva essere racchiusa in un saggio. Ed è quella di Alabama, che pur non essendo nato come reazione alla storia recente ne anticipa i motivi profondi, scandagliandone l’oscurità delle viscere. È la vicenda di un eccidio di neri, di «negri», durante la Guerra di Secessione, la prima grande lacerazione nazionale che divide il paese tra chi vuole bandire la schiavitù e chi non ne ha nessuna intenzione. Ed è la storia di bianchi pulciosi e affamati che vanno in guerra per pochi spiccioli e che sentono il diritto naturale di fare dei negri quello che vogliono. Tutto questo diventa il racconto fluviale, trascinante, inarrestabile, dell’unico testimone sopravvissuto, Dick Stanton, soldato dell’esercito del Sud, stanato e pungolato in fin di vita da una giovane studentessa che vuole ricostruire la verità. Verità storica e romanzesca, perché Barbero inventa una voce indimenticabile, comica e inaffidabile, logorroica e irritante, dolente e angosciosa, che trascina il lettore in quegli abissi che ancora una volta si sono riaperti. Il nuovo romanzo di Barbero va davvero a toccare i tratti del carattere americano che sono deflagrati negli eventi dell’ultimo anno e degli ultimi mesi: la questione del suprematismo bianco, il razzismo profondo che innerva persino le istituzioni, la mentalità paranoica, l’orgoglio e la presunzione di farsi giustizia da sé, la violenza che scaturisce dalla povertà, dalla rabbia, da ciò che si vive come ingiusto sulla propria pelle e che si rovescia su chi è ancora più debole.

Segreti per cui vale la pena uccidere, catastrofi imminenti, minacce sepolte tra le sabbie del tempo: quando il mondo è in pericolo, la Sigma Force è pronta a intervenire. I membri di questa sezione occulta della DARPA sono stati accuratamente selezionati e addestrati per raggiungere l’eccellenza in ogni disciplina, dalla chimica alle arti marziali, dall’informatica alla balistica. Sono, in altre parole, scienziati con licenza di uccidere. Tranne Joe Kowalski. Per quale motivo un semplice soldato della Marina è stato ammesso in questa squadra d’élite? Sarà per la sua innata capacità di trovarsi sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato? E come ha fatto la Sigma Force a entrare in contatto con Tucker Wayne e il suo fido compagno Kane, il più coraggioso cane da guerra dell’esercito americano? In questa raccolta di racconti, la penna esplosiva di James Rollins risponderà a tutte queste domande, e non solo: ci porterà a ripagare un debito nel deserto di Sonora, a neutralizzare una minaccia nascosta nella giungla pluviale, a cercare tesori perduti al largo dell’Australia, a sventare un attentato nelle catacombe parigine, per poi tornare negli Stati Uniti, tra i vicoli di San Francisco, dove un antico flagello sta per essere risvegliato…

Un giorno come tanti, Cristina entra in un negozio sotto casa per fare la spesa. Un saluto veloce all’ingresso, i gesti automatici di sempre, qualche pensiero per la testa. Poi, all’improvviso, un uomo la afferra alle spalle e le punta qualcosa alla schiena. E così quella commissione insignificante diventa un momento cruciale, uno spartiacque tra un prima e un dopo, o addirittura tra la vita e la morte. Proprio in quell’attimo, ostaggio di una rapina, Cristina percepisce l’essenza di tutto, come se le si squarciasse un velo davanti agli occhi. E si vede per quella che è davvero: una madre che non ha ancora sanato la frattura profonda che la divide da sua figlia, e una figlia che non sa comprendere il desiderio di sua madre di rifarsi una vita; una vedova chiusa in un dolore indicibile, e una donna che crede di avere già amato abbastanza – forse, di non avere nemmeno più diritto alla felicità. È un istante sospeso, tra mille variabili e mille possibilità: una fatale follia o un soccorso insperato; un futuro da cancellare o un nuovo inizio per rinascere. È l’incipit geniale di un romanzo che sa sorprenderci e metterci in discussione a ogni pagina. Perché tutti noi, come Cristina, siamo sospesi tra occasioni che non sappiamo cogliere e scorci di felicità che ci fanno paura, tra mani che la vita ci tende e assi nella manica che potrebbero regalarci la mossa vincente.

Tra il 1982 e il 1989, Pelafina H. Lièvre spedì al figlio Johnny Truant una serie di lettere dal Three Attic Whalestoe Institute, un ospedale psichiatrico in Ohio dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. Acute, sincere, tragiche, le sue missive svelano a poco a poco, scivolando sempre più nel delirio, il rapporto profondo e coinvolgente che lega una madre brillante ma disturbata al figlio da cui è stata separata ma che non ha mai smesso di amare, nemmeno dopo tanti anni di lontananza. Johnny, si sa, è il ragazzo che da grande avrebbe indagato i misteri del manoscritto di Zampanò, rinvenuto in un baule polveroso dopo la morte del suo estensore, per poi riportare alla luce le vicende soprannaturali accadute nella casa stregata di Ash Tree Lane, alternandole al racconto delle sue personali disavventure a Los Angeles e dintorni.

Quando Camila scopre di aver ricevuto in eredità dalla madre una parte di masseria a Salianto, un piccolo paese della Puglia, la decisione è subito presa: resterà giusto il tempo necessario per vendere. A Madrid ha una vita che l’aspetta e ricordi a cui si aggrappa con le unghie, mentre dell’Italia conosce solo la lingua, e certo la madre aveva avuto buone ragioni per abbandonare la sua terra d’origine, cancellando ogni legame con la famiglia. Eppure, quando si trova immersa nella luce abbacinante dell’estate, dove la brezza profuma di mare e fichi maturi, Camila avverte un monito che la spinge a restare. È lo stesso richiamo che la attira verso il bosco delle lucciole, teatro tanti anni prima di una fuga d’amore finita in tragedia, che ancora alimenta leggende e dicerie. Perché la madre era ossessionata da quella storia? Chi è la fanciulla bionda il cui fantasma infesta il bosco nelle notti di luna piena? E quale ruolo ha Tiziana, la comproprietaria della masseria, arroccata nel suo sprezzante silenzio? Solo Marco, uno scrittore dal sorriso caldo e irriverente, sembra disposto ad aiutare Camila a disseppellire quell’antico segreto, risvegliando in lei sentimenti che credeva altrettanto sepolti…

Agli occhi del mondo che li circonda Sam e Mason sono la coppia perfetta. Lo sono stati dal primo istante in cui le loro mani si sono sfiorate ed entrambi hanno capito che non si sarebbero più lasciati. Da allora, quel legame tanto forte e travolgente è stato più volte messo alla prova dal destino. Eppure, nonostante la malizia e la cattiveria degli altri, Sam e Mason hanno saputo difendere il loro amore. Lo hanno fatto a prezzo di scontri che hanno creato fratture insanabili, ma necessarie a realizzare il desiderio di godere di ogni esperienza come se fossero un ragazzo e una ragazza qualunque. Ora che sono a casa per le vacanze potrebbero approfittare di un’estate senza pensieri, ma nuove nubi si addensano all’orizzonte. Soprattutto per Sam. La madre Analise ha deciso di rifarsi viva dopo una lunga assenza e Sam non sa cosa aspettarsi dal loro incontro. Il difficile rapporto che hanno avuto in passato ha lasciato ferite profonde che hanno iniziato a rimarginarsi quando è arrivato Mason. L’affetto e le attenzioni del ragazzo hanno agito come un balsamo e Sam, che ha imparato di nuovo ad aprire il proprio cuore, non intende soffrire ancora per colpa di una donna che ha sempre pensato solo a sé stessa. Per questo, è disposta a tutto per impedire che Analise metta il becco in cose che non la riguardano e rovini ciò per cui ha lottato a lungo. Perché, una volta che si trova il vero amore, si è pronti a correre rischi inimmaginabili per non perderlo. Il fenomeno internazionale Finalmente noi è arrivato al suo sesto episodio. Ancora una volta, Tijan, la regina delle classifiche, non delude i suoi fan e confeziona una storia che lascia senza fiato a ogni pagina. Il legame che unisce Sam e Mason si fa sempre più intenso e trasforma il loro amore in un sentimento che si attacca alla pelle e non se ne va più via. Un sentimento che ognuno di noi sogna e che si incontra una sola volta nella vita.

Aida ha appena sei anni quando, con la madre, deve fuggire dal piccolo paese in cui è nata e cresciuta. In una notte infinita di buio, di ignoto e di terrore raggiunge il confine con l’Italia, dove incontra il padre. Insieme arrivano a Milano. Mentre i giorni scivolano uno sull’altro, Aida cerca di prendere le misure del nuovo universo. Crescere è ovunque difficile, e lei deve farlo all’improvviso, da sola, perché il trasloco coatto ha rovesciato anche la realtà dei suoi genitori. Nemmeno l’arrivo del fratellino Ibro sa rimettere in ordine le cose: la loro vita è sempre altrove – un altrove che la guerra ha ormai cancellato. Sotto la piena della nostalgia, la sua famiglia si consuma, chi sgretolato dalla rabbia, chi schiacciato dal peso di segreti insopportabili, chi ostaggio di un male inafferrabile. Aida capisce presto che per sopravvivere deve disegnarsi un nuovo orizzonte, anche a costo di un taglio delle radici.

Possiamo davvero dire addio a una persona, a un posto che abbiamo amato o che ha fatto parte di noi? Per il funerale della nonna, Margherita è costretta a tornare a Collina d’Oro, il luogo dov’è cresciuta negli anni Novanta, con i terreni coltivati che danno al paese «quel nome fiabesco e anche un po’ ridicolo perché d’oro ci sono solo infinite distese di spighe di grano». Ad attenderla ci sono la sua vecchia casa, l’amica d’infanzia che non ha più voluto incontrare, il primo amore dal quale è scappata senza spiegazioni. Rivederli significa fare i conti con quindici anni di silenzi e di bugie, ammettere la possibilità del dolore e affrontare verità sopite per troppi anni, provando a riconciliarsi con gli strappi della vita. Perché c’è una crepa in ogni cosa e da lì entra la luce. Con una scrittura schietta e usando la propria geografia personale, Corinna De Cesare racconta un passaggio cruciale nell’esistenza di tutti, uomini e donne: il combattimento con il passato perché smetta di infestare le nostre vite; il ritorno a casa, dove le radici continuano ad affondare anche se i rami sono andati lontano, e dove, per capire chi sei, basta scrutare negli occhi di chi ti ha visto crescere, ridere e sbagliare.

Ebba Lindqvist in Svezia è una vera “guru dei sentimenti”. Conduce un talk show e ha scritto numerosi libri, tutti diventati dei bestseller. Ma dopo un divorzio terribile, reso pubblico dai media, la sua credibilità crolla improvvisamente e la sua carriera si interrompe. D’altronde chi vorrebbe un consiglio romantico da una triste divorziata? Ebba è in difficoltà e riesce a malapena a pagare i conti creando cruciverba, così quando le viene proposto di scrivere un articolo sui matrimoni duraturi, accetta il lavoro, seppur con riluttanza. Proprio negli stessi giorni legge su un giornale la lettera di un’anziana signora che parla dell’amore eterno firmandosi “Una sognatrice” e decide di intervistarla. Veronika Mörk ha settantanove anni e vive in una casa di riposo, ma non è una mite vecchietta. È sagace ed elegante e l’incontro con lei è molto diverso da come Ebba se l’era immaginato. Veronika ricorda il suo grande amore, che non è il marito defunto con cui è stata felicemente sposata per sessant’anni ma è Bo, uno studente d’arte conosciuto nell’estate del 1955. Quell’anno lei, diciassettenne, lavora nella pensione di sua madre a Båstad e sogna una vita migliore e, soprattutto, l’amore. E quando Bo arriva alla pensione, il mondo di Veronika viene completamente sconvolto. Ebba a questo punto si ritrova in missione. Potrebbe non essere in grado di salvare la propria catastrofica vita amorosa, ma forse può riportare un po’ di gioia in quella di Veronika. È determinata a capire cosa sia successo nel lontano 1955. Perché i due innamorati non sono rimasti insieme? Che ne è stato di Bo? Quella che inizia solo come un’intervista si trasforma in una sincera amicizia tra due improbabili alleate nel difficile gioco dell’amore, che cambierà il corso di entrambe le loro vite. Miele di cardo selvatico è un romanzo delicato e romantico e, attraverso personaggi adorabili e un disarmante senso dell’umorismo, Sara Paborn coinvolge il lettore nelle emozioni indimenticabili dei sentimenti giovanili, riflettendo nello stesso tempo seriamente su cosa sia l’amore.

Nel suo cinquantesimo anno di pratica nell’arte marziale del Kung Fu, il Gran Maestro Paolo Cangelosi rivela la sua storia. Questo libro racconta la sua straordinaria vita alle decine di migliaia di allievi, maestri e ammiratori che lo hanno seguito a livello internazionale nel mondo delle arti marziali. Ma l’ambizione di questa autobiografia non si ferma qui. Incentrato su dieci concetti attraverso i quali un ragazzo di un piccolo paese della Liguria è diventato un Gran Maestro di fama mondiale, questo libro parla a tutti. È un’avventura che porta il lettore da Casella, in Liguria, al sottosuolo del mondo dei combattimenti clandestini di Hong Kong, fino ai misteri della meditazione nelle foreste del Guanxi. È una vicenda introspettiva, che parla di un conflitto interno e della riconciliazione tra l’uomo e il maestro. Ed è un viaggio alla ricerca della crescita spirituale. Curiosità, perseveranza e resilienza sono tra le qualità che hanno trasformato Paolo, il ragazzo, in un Tai Sifu (Gran Maestro). Ma queste non sono qualità esclusive degli di chi pratica arti marziali: esistono in tutti noi e devono essere coltivate per far sì che l’essere umano possa realizzarsi. Con la sua storia, questo libro ha l’ambizione di essere uno stimolo per molti lettori.

Jacob e Noor ce l’hanno fatta, sono misteriosamente riusciti a fuggire prima che l’anello di V collassasse. L’ultima cosa che Jacob ricorda di avere visto, mentre tutto sprofondava nel buio, è un volto spaventoso, raccapricciante, conosciuto: il volto di Caul, il perfido fratello di Miss Peregrine, tornato infine dal regno dei morti. Le predizioni più terrificanti dell’antica profezia cominciano ad avverarsi e l’intero mondo Speciale rischia di essere spazzato via. La base per organizzare la linea di difesa è Devil’s Acre, ma quando Jacob e Noor vi giungono lo trovano infestato da una serie di calamità. “Desolazioni” le chiamano le ymbryne: dal cielo cadono ossa, piove sangue, nevica cenere; e l’aria vibra del grido di battaglia di Caul. Per sconfiggerlo, i ragazzi dovranno affidarsi solo al loro coraggio e alle capacità di mangialuce di Noor, incaricata di ristabilire un futuro di libertà e pace.

Il giovane Michel Flavent ha due miti: il primo è Michael Delaney, lo Steve McQueen del film Le 24 Ore di Le Mans, l’altro è suo fratello Jojo (Joseph), che ha scelto il carbone anziché la terra, diventando minatore a Liévin. La notte di Santo Stefano del ’74 i due fratelli sfrecciano sul loro Motobécane tra le strade ghiacciate che portano ai cancelli del pozzo 3-bis. Insieme si sentono invincibili. Il giorno successivo la miniera tace, oltre quaranta minatori sono morti nelle viscere della terra e Jojo, che era tra loro, si spegne in ospedale il 22 gennaio per le ferite riportate nell’incidente. Gli anni passano e il mondo sembra dimenticarsi di quanto accaduto a Liévin. Michel fugge dal Nord, trova lavoro a Parigi, si sposa, conduce una vita apparentemente felice… fino a quando muore la moglie e allora decide di tornare per pareggiare i conti con chi aveva ucciso il fratello, per rispondere all’accorato appello di un padre morente: «Vendicaci tutti della miniera». “Il giorno prima” è un’opera potente e attuale che si muove tra thriller, poliziesco e romanzo sociale e chiama in causa il lettore su temi importanti come la giustizia, la vendetta, il lavoro, la colpa e la dignità.

Susanna è una donna, una figlia, una compagna, un’amante. Ha un lavoro che l’appassiona, un’allegria specialissima, il talento di scoprire sorprese in ogni dove. Come ciascuno di noi, non è un’infinità di cose, e naturalmente è tutte le altre. Eppure nella sua vita c’è uno spartiacque invalicabile: è una non mamma, appunto. Perché essere o non essere madri, che sia per scelta o per caso, per desiderio o per impossibilità, nel nostro mondo definisce le donne come persone. Questo libro sottile e profondo, malinconico e vitale, racconta – in una parola – la libertà. Che non è certo una cosa semplice. La donna che dice «io» in queste pagine è libera di gestire il proprio tempo, racchiuso in un perimetro del tutto personale. Libera di investire su se stessa, di divertirsi e immalinconirsi, di fare programmi e poi cambiarli. Libera di sentirsi sola, di osservare a fondo, di interrogarsi, di comporre. Allora sale a bordo del suo motorino e si muove per le strade di Roma, catturando epifanie, accensioni improvvise, piccoli momenti luminosi. Come gli scatti fotografici che si fanno d’istinto con il cellulare, quando una cosa ci colpisce cosí tanto da volerla avere sempre in tasca. Ed è proprio questa libertà che in punta di penna si fa poesia, permettendo alle parole di adagiarsi lievi ma mai spensierate sulle cose. Susanna Tartaro ci mostra la bellezza e la meraviglia di accogliere la vita, scrivendo prima di tutto con gli occhi. Perché, in fondo, si può essere genitori in tanti modi: a volte basta solo guardarsi intorno.

Giovanna ha i capelli bianchi, però lunghissimi e folti. Vive in un bell’appartamento che guarda il fiume, nel centro di Roma, ma è un’operaia in pensione. In un tempo in cui tutti inseguono il successo, la popolarità, lo svago lei vive sola, non parla con nessuno, non va mai in vacanza. Le sue giornate si susseguono uguali e attente fra la musica che ascolta per dimenticarsi di se stessa e i romanzi che legge per rispecchiarsi nelle vite degli altri. Non è felice né infelice, è come se vivesse uno sconfinato tempo supplementare dopo una partita che per lei si è chiusa presto, quasi quarant’anni fa, nel secolo scorso, quando per la smania di cambiare il mondo potevi commettere sbagli così gravi da pesare sulla tua coscienza per sempre. Ha pagato il suo debito con la giustizia, Giovanna, ma se hai un’anima come la sua la punizione non basta mai. Un silenzio da penitente, dunque, quello che ha scelto, un silenzio che va in mille pezzi quando nell’appartamento accanto al suo arriva, anzi, irrompe una famiglia di beniamini degli dei: Michele, musicista svagato, Maria, bellissima e sempre un po’ spogliata, Malcolm, tredicenne impegnato a salvare il pianeta, e Malvina, tre anni di pura gioia. Giovanna prima li guarda e li ammira, poi si lascia coinvolgere nella loro vita: bambinaia volontaria, amica grande, presenza silenziosa e generosa. E infine dalla loro vita viene travolta, come succede quando l’amore apre una breccia nelle tue difese e ti ritrovi vulnerabile, nuda. Ma di nuovo viva. Una prima persona asciutta e nervosa, un memoriale che al lettore rivela, pochi indizi alla volta, un quadro finale di sconcertante, dolorosa dolcezza.

Nel 1848 Messina è sconvolta da tumulti insurrezionali contro il governo borbonico. Gli echi giungono al villaggio di San Sallier sui Nebrodi, dove si combatte un altro tipo di battaglia. Il Partito, come un fiume sotterraneo, avvelena le radici del potere istituzionale, straripando con atti di violenza e soprusi. A opporsi è un demone, uno spirito che s’insinua nel corpo delle vittime rianimandole per punire gli oppressori. All’affilata spada francese e alla lunga catena avvolta a un braccio, affianca un’arma più potente, la paura. I superstiziosi picciotti al comando del vampiresco avvocato Ginestra ne sono terrorizzati. La leggenda si diffonde di bocca in bocca. Lo chiamano Malombra. Il fantasma compare di notte e negli inferi svanisce dopo le sue incursioni, in sella a un cavallo dal muso scheletrico, seguito da un feroce cane di mannara. Gli occhi scintillano al buio. Sono di un tormentato verde cinabro, ricordano forse quelli del principe Leonardo Valentini, appena rientrato da Parigi al compimento degli studi alla Sorbona. Il giovane era stato mandato oltralpe dieci anni prima, quando i genitori scomparvero in circostanze sulle quali nessuno ha saputo fare chiarezza. Il nobile si ricongiunge alla sorella minore Patti, al tutore Savino Melìa, all’eccentrico e geniale cugino Federico. Ritrova inoltre il suo amore fanciullesco, Doriana, ora splendida donna in fiore irresistibilmente sfrontata. E Diavolo, il suo fedele amico a quattro zampe. Oscuro, beffardo, inquieto, il Malombra è una figura dell’immaginario popolare del Meridione italiano, antesignano dei supereroi moderni più amati, che tutti ricomprende sotto il suo cilindro vermiglio.

Questa è la cronaca di una lunga giornata nella vita di Lou Bishoff, tassista di mezz’età e appassionato di ufo che traghetta da una parte all’altra del Mississippi per lo più vite spezzate – spacciatori, alcolizzati, malati terminali e donne abusate – a bordo della sua Lincoln. Romanziere fallito da quando, dopo un esordio di successo, non è stato più in grado di reagire alla pagina bianca, le sorti di Lou non paiono sul punto di migliorare ora che l’incombere di Uber minaccia la sua professione e a casa lo attende nient’altro che una fidanzata letargica.

Il mondo in cui Ophelia ha trovato rifugio è molto più grande della penombra della stanza in cui trascorre le giornate, provando a indovinare la realtà oltre «l’intermittenza delle tapparelle». Il mondo di Ophelia è molto più grande dei campi attraversati di corsa per arrivare fino alle vecchie case sospese sopra il dirupo, dalle cui finestre si affaccia la gente sopravvissuta ai terremoti; oppure fino alla fermata dell’autobus che scivolando lento sulla «strada del sale» oltrepassa il confine della campagna mal coltivata. Il mondo di Ophelia è più grande del mare. Così, ascoltando il suono delle onde che «intonano il battito cardiaco del pianeta», un giorno Ophelia decide di andarsene. Di provare a inseguire quel bagliore che le è sembrato d’intravedere in fondo al pozzo d’ombra in cui vive la sua vita. Una corsa più lunga delle altre, al termine della quale Ophelia si ritroverà, non senza aver dovuto seppellire molte lacrime, a racchiudere tra le mani la luce accecante dei suoi sogni.

Settembre 1911. Sherlock Holmes è invitato a Chamonix da un Whymper ormai invecchiato. Il conquistatore del Cervino, che l’investigatore considera quasi uno zio, lo vuole al suo fianco nella ricerca del documento che avrebbe dovuto segnare la nascita dell’alpinismo, il manoscritto in cui Jacques Paccard ha raccontato la sua versione della prima salita al Monte Bianco, nel 1786. Lo troverà Holmes? Sarà capace di rinvenire quel che gli studiosi dell’alpinismo mai sono stati capaci di recuperare? E che ruolo hanno in questa vicenda una strana donna dagli occhi verdi e quegli inquietanti agenti prussiani?

Se c’è una cosa di cui Liam “Hunter” Blake è sicuro è che odia i Reapers MC. Nato e cresciuto tra i Devil’s Jack, conosce il suo dovere: difendere il club di motociclisti di cui fa parte dai suoi più antichi nemici, i Reapers. A qualunque costo. Ma perché usare la forza quando il capo dei Reapers ha una figlia ingenua e vulnerabile? Hunter ha desiderato Em dal primo momento in cui l’ha vista, e ora ha un’ottima scusa per averla.
Em ha vissuto tutta la vita all’ombra dei Reapers. Suo padre è iperprotettivo, ed è il capo della banda. L’ultima volta che Em ha avuto un fidanzato, qualcuno gli ha sparato. E da allora gli uomini sono più interessati a compiacere suo padre che a farla divertire. Fino a che un affascinante sconosciuto non è entrato nella sua vita. Em si è sentita per la prima volta desiderata, a prescindere dal suo cognome. Possibile che l’uomo che affolla i suoi pensieri di notte non abbia paura di suo padre? Forse Liam è davvero quello giusto…

Quali misteri avvolgono ancora la banda della Magliana? Perché, pur macchiatosi di innumerevoli delitti, Enrico De Pedis, il boss della frangia più pericolosa della banda, è stato sepolto nella cripta della basilica vaticana di Sant’Apollinare, tra monsignori e cardinali e con il benestare del Vicario del Papa? Proprio lì vicino il 22 giugno del 1983 scomparve la quindicenne Emanuela Orlandi, e gli inquirenti sono ormai convinti che la banda della Magliana sia coinvolta nel rapimento. Attraverso la voce di Sabrina Minardi, amante di De Pedis, questo libro getta una nuova luce sulla potentissima organizzazione criminale. La “pupa” di Renatino De Pedis, unica confidente del boss per dieci lunghi anni, divenuta per la Procura di Roma una supertestimone per le sue sconcertanti dichiarazioni, svela finalmente la sua scioccante verità sulla banda della Magliana e i suoi rapporti con mafia, camorra, servizi segreti, politici, massoni, imprenditori e alti prelati.

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