Segnalazione. Lezioni di letteratura russa

Due volte esule, dalla Russia comunista e dall’Europa nazista, negli Stati Uniti Na­bokov insegnò per quasi vent’anni lettera­tura russa al Wellesley College e in seguito alla Cornell University. Erano lezioni me­morabili in cui, con paziente tenacia, ri­chiamava l’attenzione su oggetti o partico­lari che sembrano non avere alcuna ri­levanza artistica: la borsa rossa di Anna Karenina; la fetta di cocomero che Gurov mangia rumorosamente in una stanza d’al­bergo nella Signora col cagnolino o il vestito «serpentino» di Aksin’ja in un altro rac­conto di Čechov, «artista perfetto»; la ruo­ta del tondeggiante calesse sul quale, in Anime morte di Gogol’, il tondo Čičikov, i­postasi dell’enfia volgarità universale, ar­riva nella città di NN. Maestro atipico, spe­ricolato, Nabokov avrebbe voluto trasfor­mare gli allievi in «buoni lettori», quelli che non leggono un libro per identificarsi con i personaggi, e tantomeno per impara­re a vivere, giacché la vera letteratura – gio­co sacro, superiore forma di felicità – non insegna nulla che possa essere applicato ai problemi della vita. Metteva in guardia con­tro il veleno ideologico del «messaggio» e contro ogni tentativo di cercare la famige­rata «anima russa» nell’opera di giganti come Tolstoj, Čechov, Gogol’ e il pur disa­mato Dostoevskij. Il professor Nabokov non ha alcun metodo, alcun approccio criti­co: con gli unici strumenti della passione e di una precisione infinita, si limita a sco­prire la magia delle parole nelle loro più segrete combinazioni. E noi, come i suoi studenti, lo ascoltiamo incantati mentre va dritto al cuore di questo o quel capolavoro.

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