Recensione. Le cose che ti capitano di nascosto

Sinossi ufficiale

Fabio ha dieci anni, è introverso ma con una spiccata fantasia. Le sue passioni sono i fossili, i libri e sognare cosa farà da grande.
Su un quaderno scrive il diario delle sue vacanze in colonia nell’estate del 1979 e ci racconta dei suoi giochi e delle sue noie, del suo entusiasmo e delle sue paure, dei suoi amici a volte veri e a volte immaginari.
Fa così le proprie scoperte, ora nel mondo reale, ora in un suo mondo inventato. Con la memoria confusa di chi è distratto dall’abitare più mondi
Giorno dopo giorno racconterà quello che è un crescendo di episodi misteriosi e ambigui tanto da diventare complicato, anche per Fabio, capire se quanto scrive sia davvero accaduto o sia frutto della sua fantasia. Perché spesso siamo portati a negare l’esistenza di ciò che ci spaventa.
“È uno scemo” dicono alcuni di lui. “È un genio” dicono altri.
Di una cosa Fabio è convinto: alcuni bambini ospiti della colonia sono scomparsi. Anche se tutti lo negano.

Recensione

Non si può fare a meno di affezionarsi al narratore di questo libro straordinario, Fabio, un bambino di 11 anni tenero e un po’ impacciato, che si sente sempre un po’ un pesce fuor d’ acqua perché a lui piace leggere i libri, mentre i suoi amici preferiscono trascorrere il tempo giocando. Un bambino che ha pochi amici, che ha un’adorazione assoluta per la mamma e per il papà, che viene mandato in una colonia ma non vuole andarci, perché ha paura di restare lontano dai suoi genitori, teme di sentire troppo la nostalgia di casa e ha paura che muoiono mentre lui non c’è.

Poi pian piano in colonia comincia a fare delle amicizie, ad abituarsi alla routine di ogni giorno, trova il suo habitat naturale nella biblioteca i cui libri divora in poco tempo, trova un compagno di lettura nel preside, scopre una sostituta della madre nell’educatrice Sara. E così il tempo passa e si avvicina sempre di più il momento in cui finalmente potrà tornare a casa… Ma le parole che Fabio riversa nel diario sono piene di ansia e di paura, c’è qualcosa nella colonia che non lo convince, accadono delle cose strane, per esempio ogni giorno che passa il numero di bambini diminuisce, oppure ci sono delle visite ai bambini che non vengono apprezzate da questi ultimi, infine ci sono delle lucciole misteriose che avvolgono le persone e le conducono nel bosco vicino alla colonia. La mente di Fabio si arrovella su questi misteri, cerca di trovare delle risposte, chiede, ma nessuna viene soddisfatta… Fino all’epilogo finale, sconvolgente e devastante.

Lo stile del libro si adatta perfettamente al mondo di un bambino di 11 anni, introverso, intelligentissimo ed acuto, avido di parole, di scoprire nuove cose, un lettore seriale che annota le parole nuove e difficili, che gli servono anche per esprime tutto quello che prova e per raccontare tutto quello che gli capita.

Una lettura da non perdere!

Estratti

Lei diceva che sono bravissimo per la mia età a inventarmi storie belle e particolareggiate. Ma l’educatore maschio (che non so chi sia) le ha detto che ha sentito parlare di me, e che alcuni dicono che sono un genio, ma qualcun altro dice che invece sono uno svitato. Che parlo da solo, che faccio cose strane, che cer- co gente che non esiste e parlo con gente che non esiste. Alessandra gli ha detto che sono un bambino e che i bambini fanno queste cose, e che quelle, anzi, sono le cose più normali che faccio. Inventarsi storie come quella di questa sera invece sono le cose speciali, come leggere tutti i libri che ho letto in pochi giorni. E sanno che ho un diario, che scrivo tantissimo e che sono un pare che sia un lato della mia genialità. E l’educa- tore ha detto che è appunto un lato, che c’è anche l’altro lato. Ha detto “dai, lo sanno tutti, non fare finta di non vederlo, ha anche il lato dello scemo”. Quindi sono scemo?

Si vede quando un grande non è pronto a mentire. Perché i gran- di sono davvero bravi a mentire ai bambini. Ma se i bambini li prendono alla sprovvista, vanno in tilt, e improvvisano in modo maldestro. Io so fare decisamente di meglio.

Questo posto mi fa sempre più… Come dire? Strano. Ecco, sì, strano. Non so se si può dire “questo posto mi fa sempre più strano”, ma ho visto che gli scrittori si prendono quella che Sara chiama “licenza poetica”, cioè un permesso per dire le cose come vuoi. Io non so chi la dia questa licenza, e allora per il momento dico quello che voglio in modo abusivo. Poi, siccome voglio fare lo scrittore, chiederò alla mamma se può comperarmi questo permesso, così finalmente potrò scrivere quello che penso, così come lo penso.

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