Recensione. L’estate che sciolse ogni cosa

Tiffany McDaniel

Edizioni di Atlantide

Pagine 379

Prezzo 18,00 €

Sinossi ufficiale

Ci sono estati che ti entrano sotto la pelle come ricordi eterni. Per il giovane Fielding Bliss quell’estate è il 1984, l’estate che cambierà per sempre la sua esistenza e quella di tutti gli abitanti di Breathed, Ohio. Qui, in una giornata dal caldo torrido, il diavolo arriva rispondendo all’invito pubblicato sul giornale locale da Autopsy Bliss, integerrimo avvocato convinto di saper distinguere il bene dal male, e padre di Fielding. Nessuno in paese si sarebbe mai aspettato che Satana avrebbe risposto. E tantomeno che si sarebbe palesato come un tredicenne dalla pelle nera e dalle iridi verdi come foglie, eppure quel ragazzo uscito dal nulla sostiene davvero di essere il diavolo. A incontrarlo per primo è Fielding, che lo porta con sé a casa. I suoi genitori subito pensano che il giovane, che sceglierà di farsi chiamare Sal, sia scappato dalla propria famiglia, eppure le ricerche non portano a nulla, e in lui sembra esserci veramente qualcosa di impenetrabile e misterioso. Qualcosa che gli abitanti di Breathed non capiscono e li farà persuadere che quel ragazzo dalle lunghe cicatrici sulle spalle sia realmente quello che dice di essere: il diavolo. Intanto, un’afa incredibile scioglie i gelati e i pensieri e confonde i rapporti e le certezze, il senso del bene e del male, dell’amore e della sofferenza, della fiducia reciproca e della paura. Lirico, struggente, sorprendente e davvero unico nel panorama contemporaneo, L’estate che sciolse ogni cosa è un romanzo di una bellezza folgorante che segna l’esordio di una nuova, grande voce letteraria.

Recensione

Iniziando questo libro mi è venuto subito in mente che cosa stavo facendo io nel 1984: avevo 12 anni e adoravo uscire con gli amici e ascoltare musica pop. In quella stessa estate il protagonista del libro ha incontrato un ragazzino sporco, trascurato, con una salopette di jeans, che diceva di essere il diavolo. E da quel giorno la sua vita, quella della sua famiglia e del paese in cui abita sono cambiate per sempre.

Tutto di questo racconto mi ha fatto innamorare: innanzitutto il protagonista, un ragazzino pieno di entusiasmo per la vita e dotato di una straordinaria sensibilità, con alle spalle una famiglia molto unita, un padre integerrimo, una madre molto particolare, spaventata dalla pioggia e atterrita all’idea di mettere un piede fuori casa ma molto attenta e premurosa, un fratello che per lui è un mito, un modello da seguire, un punto di riferimento. Fielding ci racconta il suo incontro con il diavolo attraverso gli occhi ingenui di un ragazzino, che teme l’incontro con il diverso, con colui che tutti ritengono l’origine di ogni male, il responsabile di ogni disgrazia che in quell’estate è successa a Breathed, ma nello stesso tempo non riesce a fare a meno di provare simpatia, affetto e alla fine anche amore fraterno per Sal.

L’autrice riesce a coinvolgere il lettore e a renderlo partecipe di tutto quello che ha vissuto il protagonista del suo libro durante questa straordinaria estate, nonché a fargli provare compassione per il Fielding adulto. Questo è diventato una sorta di emarginato, un misogino, che vive ai margini della società in una roulotte, cercando di tenere tutto e tutti lontano da sé, trascinando la sua esistenza giorno dopo giorno e continuando a subire le conseguenze di tutto quello che ha vissuto nel 1984, cercando una sorta di salvezza o redenzione. Il vecchio Fielding è arrabbiato con la vita, i suoi ricordi sono meravigliosi, nitidi, sfolgoranti di dettagli e mille particolari, e forse proprio per questo è così triste, perché vive nel rimpianto di ciò che ha perduto per sempre.

Oltre a Fielding l’altro grande protagonista del romanzo è ovviamente Sal, il ragazzino di colore che compare all’improvviso nella cittadina di Breathed dopo che Autopsy Bliss lo ha invitato nella sua città. Il suo arrivo improvviso, il fatto che non si sappia da dove venga,le cicatrici sulle spalle che dovrebbero essere il segno in cui stavano attaccate le ali prima della caduta dal paradiso, tutto ciò lo rendono estremamente misterioso. Inoltre Sal ha il potere di scatenare l’odio, la rabbia e l’aggressività di tutti gli abitanti di questa piccola cittadina di provincia americana, diventa una specie di capro espiatorio perché tutto quello che succede di male viene attribuito alla sua presenza, alla sua influenza nefasta.

Mi sono piaciuti molto i suo racconti, che sono come dei preziosi cammei all’interno del libro e mi hanno ricordato le parabole di Gesù. Queste storie servono a Sal per spiegare alcuni aspetti della sua storia e hanno lo scopo di far capire a Fielding che lui è veramente il diavolo. Spesso si tratta di racconti tristi, terribili, ammonitori, altre volte invece contengono un po’ di speranza, una luce positiva.

Ma Sal è proprio il diavolo o la gente ha solo un’occasione per dimostrare tutta la sua cattiveria e lo fa nel modo più becero possibile, dando la colpa del suo comportamento alla presenza di questo ragazzino?

L’idea alla base della trama è essenzialmente geniale, così come lo è il modo in cui il racconto è stato sviluppato, con molta grazia, eleganza ed armonia, con periodi ampi e solenni, dal ritmo lento e pacato.

Con un lessico ricco ed ammaliante l’autrice intesse descrizioni sinuose, avvolgenti, emozionanti e calde proprio come il clima torrido dell’estate in cui si svolgono i fatti.

Una delle migliori letture dell’anno.

L’autrice

Tiffany McDaniel è originaria dell’Ohio, negli Stati Uniti d’America. La sua scrittura si ispira alle dolci colline e ai boschi di buckeye della terra natìa. Anche poetessa e artista visiva, è stata vincitrice del “Not-the-Booker Prize” di The Guardian 2016 e del premio Readers ‘Choice Award della Ohioana Library con il suo romanzo di debutto, L’estate che sciolse ogni cosa.

Tiffany McDaniel incoraggia le librerie indipendenti, che sono per lei una risorsa imprescindibile per la diffusione della cultura. Non ha social media e anche questo la identifica come una giovane scrittrice “atipica”.

Estratti

“D’accordo, e le ali, allora? Eri un angelo un tempo, no? Le ali non possono essere ornamenti di una storia. Dove sono le tue ali, Lucifero? “

“Durante la caduta sono appassite come rose conservate troppo a lungo in un vaso. La tragedia di un dorso nudo è quella di sopravvivere al volo e di finire in un baratro da cui non potrà più sollevarsi. Vivere sulla terra è come essere finito in una camera oscura, mentre dall’alto, in volo, si vede un mondo scintillante, trasparente come un cristallo. Perfino le zolle di terra sembrano luccicare come pietre preziose non appena ci si alza dal suolo. Non poter volare significa non poter più inseguire la cometa, né ascoltare il canto delle stelle. Come posso sopravvivere? Cosa mi resta dopo aver perso il dono più grande? Ora per me c’è solo la terra, in eterno, il mio paradiso finito per sempre. Non ci sarà mai più nessun cielo per me. Nessun Dio.

Sì, cioè, se sei il diavolo, come l’inferno?

SAL inghiottì rapidamente un boccone di purezza e si pulì la bocca prima di rispondere che l’inferno è un corridoio pieno di porte.E dietro ogni porta c’è la sofferenza di un’anima. Una volta ne ho aperta una e c’era dentro un uomo seduto in mezzo a un deserto. Non c’era nulla di spaventoso in quel luogo. Cielo azzurro. Morbide nuvole bianche. Sabbia rosa. Non un solo serpente. Ne’ scorpioni pronti a colpire. Il caldo e il sole non erano affatto insopportabili. Un cactus gigante privo di spine gli forniva un poco d’ombra, e lui non era né sudato, né assetato, aveva un’intera cantina a portata di mano, e poteva bere a volontà senza timore di esaurire le scorte. Per altri, quel deserto avrebbe potuto essere il paradiso, ma per quell’uomo era l’inferno.

[…] La gente crede che l’inferno sia un luogo di fiamme e di demoni , ma io non ho demoni al mio servizio. Ci sono fiamme, quelle si, le porte vanno tutte a fuoco.ma non sono stato io ad incendiare quelle porte, ne’ la mia. E come non posso spegnere il mio incendio, non mi è possibile spegnere le fiamme degli altri.

[…] Non sono il principe dell’inferno. Sono solo la sua vittima più antica, la più celebre, uno che soffre come tutti gli altri, anche se poi ne sono diventato custode, e ne porto le chiavi nella tasca dei pantaloni.

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