
«Nabokov amava richiamare alla mente con immediatezza frammenti del passato: li voleva lì, davanti a lui, tra gli occhi e le mani; e col massimo piacere continuò a compiere questo gesto per tutta la vita, fino a quando essa non fu che ripetizione, memoria che ingoiava e moltiplicava memoria. Non aveva senso storico: non amava il tempo; e non volle mai disegnare sé stesso come una persona che nasce, cresce, matura, diventa un pezzo di storia. Lui non era mai cresciuto. Aveva troppo rispetto per le proprie origini: quel grumo di sensazioni e di inclinazioni che lo avevano reso felice nell’infanzia. Voleva restare un vecchissimo ragazzo non cresciuto, “ardente e impennacchiato come il fuoco degli uccelli nel bosco rotante del mondo”».
PIETRO CITATI

«Mattina. Andiamo all’ospedale da campo a far visita a Utkin, una scheggia di granata gli ha portato via le dita. Nubi, pioggia. Una minuscola radura tra i tremoli ospita circa novecento feriti. Stracci insanguinati, brandelli di carne, gemiti, grida soffocate, centinaia di occhi tetri e sofferenti. La giovane dottoressa dai capelli rossi ha perso la voce, dopo aver operato tutta la notte. È terrea, sembra sul punto di svenire. Utkin è arrivato a bordo di una Emka. La dottoressa sorride: “Mentre lo operavo, recitava poesie”. La sua voce quasi non si sente, si aiuta con i gesti. Ne portano altri, fradici di pioggia e di sangue».
VASILIJ GROSSMAN

«Uno scrittore deve saper essere fedele alla propria immaginazione, e se è fedele a ciò che immagina, se sogna sinceramente, questa è la sua sincerità. Io cerco di sognare sinceramente. Credo che sia un errore pensare che la letteratura sia fatta di parole. No, non è fatta di parole. Cioè, è fatta anche di parole, ma è fatta soprattutto di immagini, di sogni. E i sogni sono reali, come lo stato di veglia».
J.L. BORGES