Stefano Guglielmo
Bookabook
Pagine 270
Prezzo 13,00 € cartaceo, eBook 6,99 €
Alla radio stamattina hanno intervistato uno scrittore che ha definito il nostro passato come uno zaino che ci portiamo sulle spalle. Se abbiamo avuto una vita difficile lo zaino sarà pesante, se riusciamo ad accettarci avrà un peso sostenibile. Mi sono chiesto se il mio sia vuoto e comunque pesante o meno.
Questo è uno dei libri più interessanti che ho letto ultimamente, con una storia originale e uno stile ironico e fluido che cattura subito il lettore.
Sinossi ufficiale
Riccardo ha perso la memoria. Il guaio è che non solo non ha ricordi delle persone attorno a lui, ma ha anche dimenticato tutte le nostre convenzioni sociali. Non sa più a che distanza deve mettersi quando parla con qualcuno, come ci si saluta né che è poco carino dire a una persona che le puzza l’alito. Mentre si annoterà in una lista le istruzioni per stare al mondo, rimarrà sorpreso da come conduceva la sua vita precedente. Scoprirà in maniera tragicomica che tutto ciò che lo circonda e che stava vivendo fino ad allora è molto lontano da cosa gli suggerisce l’unica guida che ha deciso di seguire: la sua coscienza.
Recensione
L’effetto di straniamento è il maggior pregio di questo libro, ma non l’unico.
L’incipit è ad effetto e ci spiazza perché ci mette subito di fronte ad una situazione di emergenza: il protagonista racconta in prima persona di essersi trovato in una situazione assurda.
Qualcosa mi dice che non è la prima volta che mi succede. È una sensazione tristemente familiare. Mi guardo intorno, penso di esser seduto al tavolo di un bar. Bar. Si dice così? Sì, so che la parola deriva dalle barre che venivano apposte a locali come questo negli Stati Uniti durante il periodo del Proibizionismo. Buffo che sappia cosa vuol dire Bar ma non in quale. Perché sono qui? Cosa avevo da fare? Volgo lo sguardo davanti a me. Sul tavolino c’è una tazzina sporca di caffè ed un piattino pieno di briciole. Accanto vedo la mia mano. Sì, è la mia, ed appoggiata su uno… si chiama smartphone ne sono abbastanza sicuro. Il cuore mi palpita in maniera tremenda, sento le pulsioni sulla nuca, sono spaesato. Che mi è successo? Torno a guardare le persone accanto a me. Non conosco nessuno e nessuno sembra riconoscermi, la gente chiacchiera o legge un giornale. Mi accorgo di respirare a fatica. Dietro al bancone una ragazza si sta asciugando le mani sul grembiule, piega il capo nella mia direzione mentre parla con il suo collega. Lui mi guarda. Viene verso di me. Perché? Ho fatto qualcosa di sbagliato? Che mi succederà?
Riccardo è come un bambino o un novello Adamo che osserva il mondo con occhi innocenti, si stupisce e si meraviglia di tutto. Ha perso tutti i ricordi ma non le nozioni scolastiche e soprattutto non conosce più le convenzioni sociali, non sa come si sta al mondo, come ci si relaziona con gli altri, non sa cosa si può dire e cosa invece è opportuno tacere e questo a volte è esilarante.
È divertente leggere la descrizione fatta della discoteca:
Buio. No, luce. No, buio. Luci intermittenti. La musica è tenuta ad un volume altissimo e mi impedisce di pensare con lucidità. Tutti quelli che danzano sembrano essere in preda a crisi epilettiche. Per riuscire a comunicare con gli altri sono costretto a urlare. Troviamo un tavolino pieno di bicchieri vuoti e lo occupiamo. Nel sedermi mi accorgo che i miei indumenti sono troppo stretti e scomodi ma mio fratello mi ha obbligato ad indossarli. Evidentemente in questo posto vigono delle regole per le quali non si può entrare in tuta da ginnastica. Peccato, sarei stato più a mio agio.
o gli appunti che prende su ciò che può o non può fare:
Mi sono già appuntato alcune cose basilari:
– Quando si parla ad un estraneo mantenere una distanza di circa 50 cm. Nel caso di un conoscente e/o parente è doveroso toccare fisicamente alcune parti del suo corpo per affermare una relazione amichevole.
– Mai dire che uno puzza anche se puzza.
– Le donne non amano sentirsi dire che sono ipocrite.
– Il mio incidente si chiama ‘evento’.
– Non esiste qualcosa di ‘grave’ ma solo qualcosa di ‘importante’.
[…] – La gente si stranisce se la saluto per strada
– Alla gente non piace sapere quanto io ami farmi il bidet
– Se pensi che una persona sia stupida non glielo posso dire perché è stupida e non lo capirebbe
– Più un venditore ti sorride meno ti puoi fidare di lui
Quello che ho scritto finora non deve far pensare però che il libro sia una lettura leggera e spensierata su uno smemorato che colleziona una gaffe dopo l’altra, perché nel corso del racconto Riccardo prendere consapevolezza di se’, di come era prima dell'”incidente”, è costretto a fare i conti con la sua coscienza in una resa dei conti impietosa. È così che il ragazzo si accorge di aver voluto deliberatamente fare del male alle persone che gli erano avanti e cerca di rimediare ai suoi errori.
Sarebbe bello avere un’altra possibilità per ricominciare da zero, una coscienza pulita e nuova di zecca e soprattutto essere al di fuori dagli schemi in cui siamo intrappolati, come il fatto di dire bugie senza pensare al male che facciamo agli altri, o le maschere che indossiamo ogni giorno.
Il libro di Guglielmo mi ha fatto riflettere molto sul modo in cui viviamo e su come potremmo fare per cambiare e migliorarci e lo ha fatto con un racconto divertente ma profondo allo stesso tempo, scritto in modo scorrevole e divertente.
Perché ho scritto questo libro?
Mi sono chiesto: cosa accadrebbe se un individuo si risvegliasse senza sapere come comportarsi a livello sociale? Come reagirebbero le persone a sentirsi dire in faccia quello il protagonista pensa? E se questo individuo scoprisse che prima di perdere la memoria era in realtà una persona gretta e meschina con tutti? Ho iniziato a descrivere la situazione iniziale 7 anni fa, poi la storia di Riccardo si è sviluppata praticamente da sola e la sua conclusione è anche un po’ la mia.

Estratti
“Cosa vuol dire amare? “L’amore è egoista solo all’inizio. Ti fa stare bene, ti fa volare e dire cosa senza senso. Ma poi cambia” “Un mio amico dice che se una persona ti dà la scossa ogni volta che la vedi allora la ami” “Non è così. È una sorpresa all’inizio. Uno scoppio nel petto. Ma poi diventa pian piano una certezza, come la tua gamba o il tuo braccio destro: diviene ciò che ti sostiene e ciò di cui hai bisogno” “Wow!” “Quando passa il tempo, il vero amore smette di essere egoista ma si preoccupa dell’altro. E a volte amare vuol dire rinunciare. Dire addio”
Sulla porta di ingresso ho incollato uno dei fogli sui quali annoto ciò che imparo poco alla volta. Rileggo le note e ho come una rivelazione. Anzi no è meglio definirla un’idea. Tutti mentono. Tutti indossano una maschera. Ma quando incontrano me sono curiosi di conoscere la verità. Forse c’è bisogno di dirsi la verità. Tutti mentono ma tutti cercano di capire cosa è vero e cosa no. Sentirsi dire la verità è illuminante. Al lavoro, ad esempio, sta funzionando. Aggiungo al fondo del foglio ‘dire la verità a volte serve’.
“Lo sa che a tanta gente non piace sentirsi dire la verità?” Annuisce nuovamente-“Immagino, immagino” “Come mai succede questo?” Emette un lungo sospiro e incrocia le mani sulle sue ginocchia accavallate. “Immagino che sia perché la verità non è opinabile. Anzi. È insindacabile. Non la si può discutere. Inoltre ho notato che tutti creiamo un’immagine di noi stessi e di ciò che viviamo. E non sempre le due cose sono coincidenti. Forse essere onesti con sé stessi è tra le cose più difficili da fare. L’onestà e il cambiamento sono cose veramente ardue” “Perché?” “Perché fanno paura” Ora tocca a me annuire–“Ha ragione” “Eppure non dovremmo avere paura di cambiare idea, non è stupidità: l’umanità lo ha fatto milioni di volte…”