Di chi è questo cuore

Mauro Covacich

La nave di Teseo

Pagine 246

Prezzo  17 €

Terza tappa della mia personale #roadtopremiostrega2019: dopo M il figlio del secolo e Fedeltà e’ la volta di questo romanzo di Covacich, autore che finora non avevo mai letto.

Il protagonista presenta molti tratti autobiografici e narra in prima persona la sua storia di “atleta” che deve ridurre un po’ l’attività fisica dopo aver scoperto un piccolo problema al cuore. Tra una presentazione dei suoi libri e  un pezzo scritto per Il Corriere della Sera, impariamo a conoscere questo personaggio un po’ strano, preda di mille riflessioni, che vive una soffocante estate nel Villaggio Olimpico a Roma con la sua compagna e deve fare i conti con un’umanità varia e a tratti estraniante: c’è un uomo grasso che ogni notte si intrufola in casa sua fumando le sue sigarette e dandogli dei consigli, addirittura dettandogli pezzi che lui potrebbe usare nelle sue interviste o nei suoi articoli; c’è la madre del protagonista che vive ancora a Trieste e che si è iscritta a Facebook, dove posta paesaggi e quadri e chatta con la sua ex o con vicini di casa con i quali fino a quel momento si scambiava due convenevoli sul pianerottolo; ci sono i mendicanti e i senzatetto del quartiere che vivono persi dietro ai cartoni di vino del tetrapak, unico antidoto ad una vita disperata; c’è la compagna Susanna con la quale non trascorre molto tempo a causa dei rispettivi impegni lavorativi.

Ed è proprio parlando di lei che Covacich scrive alcune frasi molto interessanti

Negli anni non escludo che abbia imparato ad apprezzare le mie cose come quando ci si affeziona al modo di parlare zeppo di interiezioni e balbettamenti della persona che si ama. Anch’io ad esempio mi sono affezionato ai suoi strilli e al suo disordine, negli anni sono emersi gli argomenti, i discorsi, le discussioni sui libri, sui film, ma non è da lì che siamo partiti e tutto questo ancora oggi è di secondaria importanza. È la stupidità che detta legge in amore, non l’intelligenza. L’intelligenza semmai aiuta ad accettarlo.

E’ proprio vero che l’amore quando non è più giovane cambia, ti fa veder le cose e e le persone sotto una prospettiva diversa, ti fa notare degli angoli che prima non avevi notato, delle sfaccettature che ancora non erano emerse ma ci vuole più coraggio ad accettare con intelligenza proprio questi aspetti dissonanti che a mollare tutto e rinunciare.

Un altro passo che mi ha colpito molto e’ quello relativo alla comunicazione e alla vita  ai tempi della rete.

La vita non è mai qui, non è mai ora. Dislocata, differita, lontana nello spazio e nel tempo dal punto in cui ci si trova a respirare, è una vita vissuta sempre altrove, una pratica la cui prevista espletazione avverrà laggiù, alla fine dell’allenamento o del viaggio o della giornata, oppure, il che è lo stesso, sta già avvenendo in ogni momento, costantemente, nell’universo parallelo della rete. […] parlare non è più necessario. Lo era quando ero vincolato alla presenza e ne rispondevo con la mia faccia, col mio corpo. Ora che la presenza e’ solo apparente, o meglio vicaria, posso scambiarmi messaggi con più persone e condurre più vite nello stesso tempo, sempre in attesa del momento apicale della giornata (o della settimana) quando cioè finalmente vivrò in carne e ossa nel luogo e nell’atto in cui respiro.

Abbiamo affidato la nostra vita a degli avatar virtuali che usiamo per relazionarci con gli altri attraverso i prolungamenti artificiali del nostro corpo, pc e smartphone. Siamo diventati ubiqui, anzi possiamo stare contemporaneamente in più luoghi, comunicare nello stesso tempo con più persone dislocate in varie parti del mondo, possiamo rimanere comodamente seduti sul divano e raggiungere luoghi e persone sperdute e scrivere attraverso uno schermo qualsiasi cosa, spesso in modo più spudorato e senza tanti scrupoli, nascosti dietro al filtro di uno schermo.

Ci sono delle riflessioni anche sulla morte, che è solo una piccola cosa che capita a patto che la vita le lasci un po di spazio, e’ ciò che succede in realtà in continuazione sotto i nostri occhi ogni giorno, mentre camminiamo, respiriamo, parliamo ci sono milioni di cellule nel nostro corpo che muoiono e sono sostituite da altre, in silenzio, a nostra insaputa, quindi è come se ogni giorno morisse un pezzetto di noi stessi senza che ce ne rendiamo conto, forse per prepararci in modo indolore alla vera dipartita.

Il libro parte lentamente e all’inizio non è ben chiaro dove voglia andare a parare, poi pian piano lo stile rilassato e pacato, le riflessioni dettagliate e i personaggi che popolano il mondo di Covacich ci conquistano.

Avrei apprezzato una maggior chiarezza sull’individuo grasso che si intrufola nella casa del protagonista di notte, magari non ho saputo cogliere delle sottigliezze che l’autore ha inserito ma che mi sono sfuggite.

 

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