Addio mia amata

Autore Raymond Chandler

Editore Feltrinelli

Pagine 238

Prezzo 9,50 €, eBook 6,99 €

ISBN 9788807880123

In una Los Angeles torbida, tra poliziotti corrotti, locali per soli neri, ville sfavillanti e quartieri degradati, si muove Philip Marlowe, il poliziotto privato nato nel 1939 dalla penna di Raymond Chandler, padre del genere hard boiled.

Mentre è sulle tracce di un marito scomparso, Marlowe si imbatte in Moose Malloy, un gigante dal cuore spezzato che dopo 8 anni di prigione cerca la sua donna, Velma.

Il detective rimane invischiato in una serie di omicidi: un uomo di colore ucciso da Malloy, uno strano personaggio che gli aveva chiesto di accompagnarlo a recuperare una preziosissima collana rubata, una vecchietta che passa i suoi giorni ad ubriacarsi. Non mancano due personaggi femminili di cui Marlowe subisce il fascino, diversissime sia fisicamente sia moralmente.

Si avverte benissimo il fatto che il libro ha sulle spalle circa 60 anni, vi si respira un’atmosfera di altri tempi, quando i poliziotti usavano la parola “ferro” per indicare una pistola e le persone di colore venivano tranquillamente chiamate “negri”, con un tono volutamente dispregiativo, senza la minima preoccupazione per ciò che è politically correct.

Marlowe è lo stereotipo del poliziotto privato delle pulp fiction americane: un lupo solitario che lavora da solo, raramente collabora con la polizia, anzi il suo rapporto con i rappresentati della legge è spesso ambiguo, fuma sigarette e pipa in continuazione, beve a tutte le ore del giorno e spesso offre da bere in cambio di informazioni, è dotato di un senso dell’umorismo che spesso irrita le persone con le quali ha a che fare, gira armato e non esita a servirsi della sua pistola, ha un rapporto complicato con le donne ed è istintivamente attratto da quelle che spesso gli procurano solo guai, è quasi sempre al verde e nel risolvere i casi si imbatte in malviventi e corrotti.

Chandler scrive con eleganza anche se narra di uccisioni, combattimenti corpo a corpo, teste sfracellate sulla spalliera del letto. Le sue immagini sono vivide, ricche di dettagli, niente viene lasciato all’immaginazione e con la sua scrittura asciutta ed essenziale fa sì che il lettore abbia l’impressione di assistere alla scena che si sta narrando. Sentiamo il fumo delle sigarette di Marlowe, avvertiamo la paura che a volte gli fa gelare il sangue nelle vene, subiamo il fascino della femme fatale che incarica il detective di recuperare la collana di giada che le è stata rubata, percorriamo le strade della California negli anni ’40 del secolo scorso.

Passammo davanti ai vecchi negozi con le insegne dai nomi famosi, le vetrine piene di merletti ricamati e di antichità, i club notturni scintillanti dalla clientela celebre e dalle non meno celebri sale da giochi. Passammo a lato di costruzioni di stile georgiano-coloniale, ora giù di moda, passammo oltre edifici moderni dentro i quali commercianti in carne umana di Hollywood parlano solo di denaro […] Dopo tutto questo oltrepassammo il grande arco splendente di Beverly Hills e tutte le luci del sud, tutti i colori dell’iride in una serata senza nebbia.

Il tempo ha dimostrato come questo libro, insieme agli altri che hanno come protagonista Philip Marlowe, non sia affatto invecchiato ma ha fatto scuola alle generazioni future di scrittori noir che si sono formati sulle pagine di Raymond Chandler.

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